domenica 16 maggio 2010

Un Diritto Negato

Tilivon ha 16 anni, ed è figlio del catechista del villaggio di Bomalang’ombe. E’ uno studente esemplare, ed i buoni risultati conseguiti durante la scuola primaria gli hanno consentito di accedere ad una scuola secondaria pubblica. Purtroppo, conformemente alle normative riguardanti la distribuzione degli studenti nella scuola pubblica, è stato destinato alla una scuola di Tunduru, che si trova a circa 500 chilometri da casa sua. Queste leggi, apparentemente crudeli, sono state introdotte dal primo presidente della Tanzania, Nyerere, allo scopo di formare classi composte da ragazzi provenienti da regioni diverse. In questo modo i ragazzi sono abituati fin da piccoli a frequentare un ambiente multietnico e ciò a contribuito a rendere la Tanzania uno dei pochi paesi dell’Africa a non conoscere tensioni sociali di matrice etnica. Trifon probabilmente non è al corrente del motivo per cui è costretto a rivedere la propria famiglia una volta all’anno affrontando un viaggio lungo e costoso, però accetta con gioia questa situazione perchè gli consente di studiare nella scuola secondaria.
Ayubo e Titus provengono da Kitemela, una piccola comunità rurale di poche centinaia di anime. Per arrivare al loro villaggio si è costretti a percorrere una strada sconnessa che è transitabile dalle auto pochi mesi all’anno. Le loro famiglie, come tutte quelle di Kitemela, traggono le proprie risorse dal lavoro dei campi e non possono permettersi di pagare la retta scolastica né le altre spese. Ogni studente infatti deve provvedere autonomamente all’acquisto del materiale scolastico, della divisa, del materasso, del cibo, del sapone, delle stoviglie, e di tutto l’occorrente per vivere lontano da casa propria. Ayubo e Titus sono i primi due abitanti del loro villaggio ad entrare nella scuola secondaria.





Jemaida vive a Mbawi, un villaggio situato sulle montagne della Tanzania meridionale. Frequenta la scuola secondaria a Masisiwe, che dista a piedi da casa sua un paio d’ore. Ogni giorno quindi Jemaida si alza molto prima dell’alba per arrivare puntuale a scuola per farvi poi ritorno alcune ore dopo il tramonto. Eppure, nonostante le difficoltà che la frequenza della scuola implica, Jemaida è una bambina fortunata perché, a differenza della maggior parte dei suoi coetanei di Mbawi, può ricevere un’istruzione che forse un giorno le consentirà di trovare un buon lavoro e quindi guadagnare abbastanza soldi da mantenere la sua famiglia.






Queste sono solo alcune delle storie dei ragazzi che beneficiano del progetto di Sostegno Scolastico di VolontariA onlus. La Tanzania è uno dei paesi dell’Africa con la più alta frequenza nelle scuole primarie (97 % - fonti Unicef), mentre è uno degli ultimi al mondo in fatto di accesso all’istruzione secondaria (4,8% - fonti Unesco). Mentre infatti le scuole primarie sono pressoché gratuite, le scuole secondarie rappresentano per le famiglie una spesa proibitiva. I pochi ragazzi che guadagnano per merito scolastico il diritto di accedere alla scuola governativa, dal costo accessibile, sono costretti a frequentarla lontano dal villaggio natale, e quindi a sostenere elevatissimi costi di vitto, alloggio e di trasporto. Quelli invece che potrebbero frequentare soltanto una scuola secondaria privata, seppur vicina a casa, devono pagare rette annuali onerosissime. In un modo o nell’altro una famiglia media tanzaniana dal reddito di circa 400 dollari all’anno, non può permettersi gli studi secondari dei propri figli. Il risultato è che spesso due o tre famiglie di parenti scelgono di unire le proprie misere finanze e di riservare questo privilegio a soltanto uno tra tutti i loro figli. Purtroppo la moderna vita cittadina richiede questo genere di qualifica per l’assunzione ad un lavoro dignitoso, completando quindi il meccanismo che perpetua la spirale di povertà.



L’istruzione è uno fra i più elementari diritti dell’essere umano e non c’è genitore in Tanzania che non sarebbe disposto a qualunque sacrificio per garantire questo diritto ai propri figli. La considerazione più dolorosa è che quello che è impossibile per due genitori in Tanzania, e cioè il pagamento della retta scolastica per uno dei propri figli, rappresenta uno sforzo assolutamente esiguo per un abitante del mondo cosiddetto evoluto: con 250 euro all’anno si può far fronte a questa spesa e garantire l’istruzione ad uno studente africano. E’ possibile che non si riesca a donare il superfluo per garantire l’essenziale ad un nostro simile?

M.L.

L'Isola di Mbudya

Se per un caso remoto doveste trovarvi nella città di Dar es Salaam con un giorno a disposizione e non sapeste a che santo votarvi, la mossa che mi sento di raccomandarvi è la visita all’isola di Mbudya.
Mbudya è una piccola isola che si trova al largo della capitale della Tanzania, ad un distanza in linea d’aria di due chilometri. Essa fa parte del Parco Marino di Dar Es Salaam insieme alle isole di Bongoyo, Pangavini e Fungu Yasini. Mentre Pangavini e Fungu Yasini sono inaccessibili ai turisti e riservate alla fauna ed alla flora che le abitano, Bongoyo e Mbudya sono agevolmente visitabili in giornata.
In particolare alcuni resort sulle spiagge a nord di Dar (Jangwani Sea Breeze e White Sands) mettono a disposizione dei turisti delle barchette a motore per raggiungere Mbudya ad un prezzo molto contenuto (attualmente circa cinque euro a passeggero per un minimo di quattro passeggeri per i viaggi di andata e ritorno). Il viaggio dura circa venti minuti. Una volta giunti sull’isola non resta che rilassarsi sulla spiaggia bianca e godersi qualche ora di sole ed un bagno nelle acque cristalline che circondano l’isola. Ciò che veramente rende unico questo luogo è l’assoluta vicinanza alla capitale di uno stato, che è l’ultimo posto al mondo in cui ci si aspetterebbe di trovare un paradiso naturalistico tropicale.

La classica ciliegina sulla torta è il pranzo. Alcuni simpatici tanzaniani cucinano il pesce pescato qualche minuto prima e lo servono sotto sgarrupati ma caratteristici banda in makuti (termine tecnico per gazebo in legno e paglia). Il menu è pressoché unico, e cioè pesce alla griglia e patatine, rigorosamente da consumare senza posate e bevendo soda fresca. Per chi l’ha provato, un pasto a Mbudya rappresenta uno dei massimi picchi di godimento vissuti nel corso di una esistenza intera.
Le basse acque intorno all’isola nascondono alcune porzioni della vecchia barriera corallina salvatesi alla pesca con dinamite. E’ consigliato quindi noleggiare l’attrezzatura da snorkeling per cercare questi scogli corallini, dove si possono fare alcuni incontri davvero emozionanti con la vita sottomarina.
Un ulteriore motivo di interesse di quest’isola è la possibilità di avvistare il Granchio Ladro di Cocchi, un enorme paguro terrestre capace di arrampicarsi sulle palme e di rompere con le forti chele le giovani noci di cocco. E’ un animale sensazionale, gravemente minacciato di estinzione.
Mbudya è poco frequentata dai turisti “tutto compreso” che affollano Zanzibar e i parchi del nord, mentre rappresenta l’immancabile punto d’incontro domenicale per tutti gli espatriati che vivono la capitale tanzaniana. Diplomatici, missionari, volontari delle ong, commercianti e imprenditori convergono su questo fazzoletto di paradiso per godersi una giornata di pace lontano dallo smog e dal traffico di Dar. A parte la domenica, in cui si possono incontrare altre persone, durante la settimana Mbudya è deserta.
Purtroppo anche Mbudya può avere qualche controindicazione.
Alcuni mesi, soprattutto da Aprile e Giugno, le correnti spingono verso la spiaggia di Mbudya la spazzatura che si accumula sul litorale della capitale e può capitare di trovare sporche alcuni punti della spiaggia. Il momento migliore per recarsi a Mbudya è sicuramente da Dicembre a Febbraio, quando le acque sono calme e trasparenti e la spiaggia è sgombra di alghe.
Ultimamente viene richiesto con insistenza il pagamento dell’ingresso al parco (16.000 scellini, circa 8 euro). Tra noleggio barca, biglietto d'ingresso al parco marino e pasto si va a spendere circa 20 euro, e una cifra del genere vale sicuramente una giornata come solo Mbudya sa dare.
All’orizzonte si staglia la costa di Dar. Niente di male, se non fosse che un enorme cementificio è stato costruito proprio davanti Mbudya, rovinando parzialmente il panorama: bisogna tenerne conto poi mentre si scattano le foto! La brezza fresca attenua di molto il caldo, e diversi sprovveduti hanno ritenuto di risparmiare la crema solare. Il sole in queste regioni picchia di brutto e molti visitatori sono tornati da Mbudya con scottature colossali!

M.L.