giovedì 13 gennaio 2011

Un Artista Incompreso

Uno dei personaggi più curiosi che ho conosciuto durante i due anni trascorsi in Tanzania è stato sicuramente Simiga. Simiga era un esponente inconsapevole dell’arte di strada. Ma a differenza degli artisti di strada del mondo occidentale, non si limitava ad esibirsi nel corso di festival o sagre, bensì la strada rappresentava il teatro della sua attività ogni singolo giorno della sua esistenza. La sua bottega-baracca si trovava lungo una delle strade principali di Iringa, i suoi dipinti si asciugavano sopra l’asfalto, i materiali che utilizzava erano vernice per auto e stoffe a basso costo, si occupava personalmente di vendere le sue opere là dove sapeva che avrebbe trovato qualcuno disposto ad acquistarle, anche a costo di percorrere decine e decine di chilometri in bicicletta.



Simiga era l’allievo più dotato di Kapo, un famoso pittore della Tanzania meridionale che ha decorato chiese e missioni con le sue opere. Simiga non ha avuto lo stesso successo, e ha dovuto ripiegare sulla produzione in serie di dipinti da vendere a turisti e negozi di souvenir. Si teneva molto informato sui movimenti intorno alle missioni situate intorno ad Iringa, e dopo l’arrivo di un gruppo di visitatori dall’Europa o dagli Stati Uniti capitava spesso di vederlo arrivare con la bicicletta carica dei suoi dipinti. Aveva uno stile tutto suo, che non piaceva a tutti. Tuttavia non ha mai voluto cambiare la sua personalissima impronta per rendere le sue opere più commerciali.

Simiga aveva una particolarità anatomica, qualcosa di piuttosto singolare per uno pittore: era decisamente strabico.

Il suo capolavoro, la sua Cappella Sistina, è la decorazione dell’asilo di Bomalang’ombe. Anni fa gli fu richiesto di dipingere i muri esterni ed interni dell’asilo della chiesa cattolica di Bomalang’ombe con figure legate alla storia di Gesù, e ciò gli richiese molti mesi di lavoro. Come tutti i grandi artisti, utilizzò il proprio volto per raffigurare quello di Gesù: oggi si può ammirare, sui muri esterni di quell’asilo, un meraviglioso Cristo strabico che benedice folle di bambini. I molti mesi di lavoro a Boma portarono anche frutti inattesi: ci sono molti bambini nel villaggio che assomigliano in maniera sospetta a Simiga, ed il loro sguardo strabico non lascia dubbi sull’identità del loro padre.

Simiga era uno delle persone che avevamo scelto di aiutare come associazione di volontariato. Acquistavamo i suoi dipinti in grande quantità e li rivendevamo in Italia nelle bancarelle che allestivamo nel corso delle varie fiere e feste alle quali partecipavamo. I proventi di queste vendite, secondo la formula per noi consueta, andavano a costituire il fondo a disposizione per il sostegno scolastico. Devo dire che si era creato un buon numero di estimatori dei suoi lavori, i quali spesso si ripresentavano fiera dopo fiera per vedere e comprare i nuovi dipinti di Simiga.

Eravamo riusciti a creare un sistema vantaggioso per entrambi; gli ordinavamo telefonicamente un certo numero di dipinti, che poi durante il nostro viaggio in Tanzania passavamo a ritirare. Simiga non aveva mai avuto dei committenti così regolari, e forse per la prima volta in vita sua aveva uno stipendio su cui contare. La bottega di Simiga era divenuta anche un’attrazione per le persone che ci accompagnavano nei viaggio, una specie di luogo di pellegrinaggio per i suoi fan italiani.

Nel 2009, nel corso del tradizionale viaggio di turismo responsabile, non abbiamo più trovato la sua bottega. I negozianti vicini ci hanno informato che era morto da qualche settimana a causa dell’HIV. Se ne è andato così nell’anonimato più completo un vero artista che non ha mai assaporato il successo ma che ha sempre vissuto per la sua arte nonostante questa gli procurasse solo povertà e privazioni.











M.L.