venerdì 20 agosto 2010

Mangiatori di Uomini

24 Settembre 2001, villaggio di Mnali. Sono le 6 della sera, e Pili Tengulengu, otto anni, torna a casa come ogni giorno insieme ai cugini. Hanno trascorso la giornata in giro, e sanno che la zia li aspetta prima che faccia buio. Percorrono in fila indiana uno stretto sentiero fiancheggiato da muri di erba elefante, alta oltre due metri. Pili chiude la fila. I cugini sentono un fruscio, un rumore appena accennato e poi l’urlo strozzato di Pili. Si voltano e non la trovano. Corrono a casa per denunciare l’accaduto ai genitori, i quali immediatamente organizzano le ricerche insieme ad altri adulti. I miseri resti di Pili scartati dai leoni vengono ritrovati poco tempo dopo in mezzo alla folta vegetazione.

Gennaio 2003, villaggio di Simana. Salum Mohamed viene svegliato nel cuore della notte dalle grida del nipote Hassani. Lo trova con un braccio incuneato tra i pali della parete esterna della capanna. Dai ringhi e dai brontolii capisce che il nipote è stato afferrato per un braccio da un numero imprecisato di leoni, che non sono riusciti a trascinarlo all’esterno soltanto perché il corpo del bambino si è incastrato tra due pali di sostegno. Inizia una tragica lotta tra Salum e gli animali per contendersi la vita del ragazzo. Gli animali si arrendono, strattonano con forza il braccio e lo strappano all’altezza della spalla. Salum riesce a fermare in modo improvvisato l’emorragia e la mattina successiva porta in bicicletta il nipote all’ospedale di Lindi. Hassani rimane mutilato ma sopravvive.


Luglio 2003.. Mohamed Suleman ha 15 anni e sta percorrendo la strada che conduce a Simana in bicicletta. Intravede più avanti due figure in mezzo alla strada, ma il riverbero del sole sulla strada gli impedisce di distinguerle chiaramente. Soltanto a pochi metri si accorge che si tratta di leoni. Immediatamente tira i freni e blocca la bicicletta. I leoni si dividono ed ognuno si getta tra la fitta vegetazione ai bordi della strada. Mohamed gira in fretta la bicicletta e torna sui suoi passi pedalando più veloce di quanto abbia mai fatto. Ha capito di essere appena sopravvissuto ad un agguato.

29 Maggio 2004, villaggio di Kipanda. Somoe Linyambe è un’anziana signora che vive insieme al marito ed alla nipote di 5 anni. E’ appena tornata dai campi, dove ha raccolto i tuberi per la cena. Il marito è andato a prendere l’acqua, quindi Somoe inizia a tagliare la legna necessaria per il fuoco. L’attacco è stato fulmineo, ed il leone ha ucciso Somoe davanti agli occhi della bambina. Al suo ritorno il marito non vedendo Somoe chiede alla nipote: “Piccola, dov’è la nonna”. E la bimba risponde: “Una mucca è saltata fuori dall’erba e l’ha portata via”. Di Somoe troveranno solo le gambe, a circa mezzo miglio di distanza.

Sono tre anni che i leoni terrorizzano questi villaggi e la gente, impaurita ed esasperata, decide di avvelenare i resti del corpo di Somoe sperando che il leone ritorni a cibarsi dei resti. Le gambe scompaiono nel corso della notte, e la mattina successiva trovano il leone morto non lontano da quel luogo. Quello stesso leone era stato in precedenza oggetto di due battute di caccia ed in entrambe le occasioni era stato colpito.

Dal 2001 al 2004, nella regione di Lindi, nella costa meridionale della Tanzania, tre diversi gruppi di leoni hanno provocato 113 vittime e 52 ferimenti e mutilazioni. Più in generale in Tanzania, dal 1990 al 2004, 563 persone sono morte e 308 sono rimaste ferite in seguito ad attacchi di leoni. La regione di Lindi è in assoluto la più colpita da questo fenomeno. Questi luoghi si trovano non lontano dalla più grande riserva di caccia dell’Africa, la Selous Game Reserve. Tuttavia le zone colpite distano quasi 200 km dai confini della Riserva, il che permette di escludere che i responsabili di tali massacri siano leoni che abbiano sconfinato. In realtà le zone limitrofe ai parchi non conoscono questo problema, poiché qualunque leone può trovare a meno di 200 metri di distanza in qualunque direzione gli ungulati che costituiscono le sue prede abituali. La Tanzania meridionale è l’ultimo luogo in Africa dove ancora resiste una popolazione significativa di leoni all’esterno di aree protette; questi predatori, a causa del degrado ambientale e dell’avanzare dell’agricoltura, hanno progressivamente visto scomparire gli animali selvatici normalmente cacciati ad eccezione di una specie, il maiale selvatico. Il maiale selvatico è l’unica specie che ha beneficiato in qualche modo dall’avanzata dell’uomo, trovando abbondanti fonti di cibo nei campi coltivati.

Tutti i contadini della Tanzania odiano i maiali selvatici perché devastano i campi e compromettono i raccolti, ma non hanno focalizzato un altro effetto che la diffusione dei maiali selvatici ha comportato. Essi infatti conducono i leoni verso i villaggi e li portano a contatto con la popolazione. I leoni, oltre i maiali selvatici, hanno iniziato frequentemente a nutrirsi di cani e capre, ed in diverse occasioni hanno optato per una preda ancora più facile da catturare: gli uomini ed in particolare i bambini. C’è un altro aspetto che potrebbe facilitare il lavoro ai leoni. Molti degli attacchi che si sono verificati hanno fatto pensare ad agguati studiati e premeditati. Gli uomini sono una specie abitudinaria, i contadini percorrono al ritorno dei campi i medesimi sentieri alla stessa ora, le famiglie si coricano tutte all’imbrunire, i bambini tornano da scuola sempre allo stesso orario.

Questi attacchi a Lindi sarebbero frutto del cosiddetto “effetto Njombe”. Esso trae il proprio nome da alcuni episodi che hanno visto come protagonisti i leoni di un Distretto (Njombe appunto) della Tanzania centromeridionale. Secondo le cronache, questi leoni avrebbero ucciso dal 1932 al 1947 circa 1500 persone. Questa strage avrebbe seguito lo sterminio di tutta la fauna selvatica operata dagli inglesi nel tentativo di eradicare la peste bovina. 15 leoni sono stati abbattuti e molti altri hanno abbandonato la zona di Njombe, che da un punto di vista ecologico non poteva più nutrirli. In pratica quindi anche i focolai di Lindi deriverebbero da un collasso ecologico e preluderebbero la scomparsa dei leoni da quei territori.
Un altro rilievo che farebbe propendere per la causa ambientale è che gli attacchi subiscono un picco nel corso della stagione asciutta. Gli animali selvatici sarebbero costretti a percorrere lunghe distanze per cercare l’acqua e si allontanerebbero dal territorio dei leoni ai quali non rimarrebbe che avvicinarsi alle abitazioni e agli animali domestici.


Gli attacchi di leoni hanno sempre provocato nelle popolazioni locali superstizioni e paure ancestrali. In molte occasioni le battute di caccia e le trappole non riescono a fermarli, ed i leoni assumono progressivamente i contorni di inafferrabili spiriti evocati da persone cattive con lo scopo di nuocere ad una persona o ad una comunità. A Lindi si racconta che chi vuole lanciare il malocchio contro qualcuno si reca in Mozambico dagli stregoni Makonde, i quali vengono considerati i più potenti per eseguire questo tipo di maleficio. Essi forniscono due tipi di erbe. Il primo tipo va posato nella foresta per richiedere i servigi del leone. Colui che esegue il maleficio deve rimanere nel “bush” fino a quando il leone tornerà dalla caccia, ed una volta tornato dovrà porgere al leone il secondo tipo di erba nel palmo aperto della mano. Il leone la mangerà ed il maleficio verrà interrotto. Purtroppo chi lancia il malocchio non riesce sempre a completare il sortilegio. Infatti la visione del leone che si avvicina furtivamente di notte con il muso insanguinato provoca spesso la fuga ed il leone non riceve l’erba che serve a “disattivarlo”. Il maleficio non viene interrotto ed il leone continua ad uccidere. I superstiziosi credono quindi che quando un leone uccide una persona è perché le è stato lanciato il malocchio, mentre quando a morire sono tanti ciò avviene perché il rito non è stato eseguito correttamente.

I leoni di Lindi sono soltanto gli ultimi leoni che contribuiscono a cementare il mito del mangiatore di uomini. Nel 1898 a Tsavo, in Kenya, una coppia di maschi senza criniera uccise 135 operai impegnati nella costruzione della ferrovia Mombasa-Nairobi. Questi due esemplari, abbattuti da Patterson, sono oggi esposti imbalsamati al museo di Chicago e sono entrati nella cinematografia grazie al film “Spiriti nelle tenebre”.

Questo post è stato tratto dall'articolo che trovate al link seguente.
http://www.nationalgeographic.com/adventure/photography/africa/tanzania/lions-maneating.html


M.L.

martedì 10 agosto 2010

Sagre di Romagna

Con l'arrivo dell'estate la Romagna manifesta tutto il suo amore per le proprie radici e tradizioni e la massima espressione di questa "etnicità" ostentata sono le sagre...