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mercoledì 12 marzo 2025

L'indispensabile

20 novembre 2024
Neema craft, Iringa


È stato un piccolo capitolo della mia vita durato 25 giorni, ma così importante, così intenso, così diverso, così naturale, così indispensabile per conoscersi e per conoscere.
Per conoscere l'indispensabile nella nostra vita. Per capire che ciò che noi consideriamo indispensabile non lo è davvero.
L'acqua tutto il giorno non è indispensabile. La luce non è indispensabile. Mangiare sempre cose diverse, buone, cucinate con impegno, non è indispensabile.
L'amore è indispensabile.
Prendersi cura delle altre persone è indispensabile. Sorridere è indispensabile.
Studiare lo è.

Eppure questo lo capisci quando lo vedi e lo vivi.

Siamo al Neema Craft, mille comodità in più e già si fa fatica a rinunciarne. Doccia, divanetto comodo, cibo molto buono, regalini.

E la povertà la vedi meno, te ne dimentichi se non la vivi.
Spero di non dimenticarmela.
Le case in mattoni rossi, una sola stanza per tutte, senza finestre, porta in legno. E si vive.

Vorrei vivere con quello che ho vissuto per sempre nel cuore. Riviverlo. Condividerlo. Testimoniarlo. Non dimenticare, non fregarsene.

Non dimenticare i volti che ho incontrato, le loro vite, le loro fatiche, la loro grande gioia e gratitudine.

Elena & Alice


sabato 23 aprile 2022

Turismo Responsabile in Tanzania

Cliccare sui link per approfondire i vari argomenti
La Tanzania è uno dei paesi più grandi dell’Africa sub-sahariana, situato appena sotto il corno d’Africa. Questo stato offre la possibilità di ammirare luoghi di straordinaria bellezza, dalle coste affacciate sull’Oceano Indiano all’entroterra ricco di una biodiversità unica, fino ad arrivare ai parchi più belli di tutto il continente.


In viaggio...
Lungo il corso del nostro viaggio conosceremo la costa dove è situata la calda Dar es Salaam. Proseguendo poi nella natura selvaggia fino al parco nazionale Ruaha, godremo la meravigliosa avventura di un safari nel parco più grande dell'Africa, per poi tornare infine sulla costa dove risplende la perla dell’Oceano Indiano: la “speziata” e storica isola dalle spiagge bianche di Zanzibar.

L’esperienza sociale
Nel villaggio di Bomalang’ombe avremo occasione di visitare per alcuni giorni le iniziative realizzate dall’associazione VolontariA o.n.l.u.s., come il progetto di sostegno scolastico e i progetti di sviluppo dell’o.n.g. Cefa. La nostra permanenza nella comunità locale ci permetterà di vivere esperienze di condivisione uniche, e la possibilità di collaborare direttamente alle iniziative visitando le scuole beneficiarie e incontrando gli studenti. Vivremo la Tanzania dalla prospettiva dei tanzaniani, imparando a conoscere la loro cultura ed il loro approccio spensierato alla vita.
 

Promozione del lavoro locale

VolontariA è una organizzazione di volontariato e promuove la visita ai propri progetti in collaborazione con le agenzie viaggio gestite integralmente da personale locale. La direzione tecnica del viaggio è quindi a carico del pertner locale.

 

Programma di viaggio

1° giorno: Italia – Dar Es Salaam
Partenza in mattinata dall’Italia. Arrivo nella notte all’aeroporto di Dar es Salaam. Una volta sbrigate le pratiche per il visto, trasferimento all’ostello CEFA per la notte. L’ostello è un luogo confortevole e frequentato da ospiti provenienti da tutto il mondo.

2° giorno: Dar es Salaam – Iringa 
Trasferimento in auto verso Iringa, una piacevole cittadina situata negli altipiani centrali della Tanzania. Lungo il viaggio si attraverserà il parco del Mikumi, con la possibilità di avvistare animali selvatici direttamente lungo la strada e di attraversare la famosa valle dei baobab. Arrivo in serata ad Iringa e sistemazione presso un confortevole ostello gestito dalla chiesa anglicana.

3° giorno: Iringa-Bomalang’ombe 
Partenza dopo pranzo per Bomalang’ombe. Dopo un piacevole viaggio di due ore su terreno sterrato sistemazione nella casa dei volontari. Nel pomeriggio visita alle attività del progetto. 



4° giorno: Bomalang’ombe
Primo giorno di visita dei progetti di VolontariA. Visiteremo la scuola diMwanzala, costruita grazie all’impegno dell’associazione e dei suoi sostenitori nel corso degli anni. Nel pomeriggio visita alla scuola secondaria di Ipeta, frequentata da molti ragazzi del progetto sostegno a distanza. Rientro a Bomalang’ombe, pernottamento nella casa dei volontari.

5° giorno: Bomalang’ombe
In mattinata visita al centro sociale di Boma, dove alcune artigiane realizzano prodotti di sartoria che VolontariA vende nel corso dei suoi mercatini. Trasferimento presso la scuola di Ilamba, dove conosceremo le suore che la gestiscono e i ragazzi del sostegno a distanza. Rientro a Bomalang’ombe e pernottamento.

6° giorno: Bomalang'ombe
Ultima giornata di visita ai progetti. Pomeriggio di relax e passeggiate tra le abitazioni tradizionali (capanne) e moderne (in mattoni con il tetto in lamiera) alla scoperta delle abitudini e degli stili di vita locali.

7°-8°-9° giorno: Ruaha National Park
Dopo aver fatto colazione e preparato i bagagli trasferimento presso il Ruaha National Park, uno dei parchi più belli di tutta l’Africa. Pranzo al sacco lungo il tragitto e dopo l’ingresso nel primo pomeriggio safari pomeridiano. Tutte le visite all’interno del parco sono rigorosamente guidate e ci sarà la possibilità di vedere tutta la fauna africana. E’ previsto almeno un pranzo in un lussuoso eco-lodge perfettamente inserito nell’ambiente della savana. Cene e pernottamenti in confortevoli bandas lungo il fiume, completamente calati nell’ecosistema africano.  Sabato rientro ad Iringa e pernottamento in hotel.
Colazione in hotel e trasferimento in auto verso Dar es Salaam. Pranzo presso un ristorante tipico nei pressi del Parco Mikumi e visita dello snake park. Nel pomeriggio arrivo a Dar es Salaam e sistemazione nell’ostello del CEFA. Cena in un ristorante tipico.


10° giorno: Iringa-dar es Salaam
Trasferimento con mezzo privato a dar es Salaam. Cena e pernottamento all'ostello CEFA.
 
11° giorno: Dar es Salaam - Zanzibar 
Trasferimento in traghetto sull’isola di Zanzibar. All’arrivo sarà presente un trasporto prenotato per il trasporto verso Nungwi, villaggio di pescatori situato sulla punta nord dell’isola. Nungwi è un tranquillo paesino nel nord dell’isola, le spiagge bianche, il mare cristallino e la barriera corallina ne fanno uno dei luoghi migliori per godersi il mare. Nel corso della giornata sarà possibile godersi una piacevole passeggiata sulla spiaggia e visitare un acquario naturale tra gli scogli utilizzato da un’associazione locale per riabilitare le tartarughe marine ferite dalle imbarcazioni. Pernottamento in bungalows sulla spiaggia.  


12° giorno: Nungwi 
Altra giornata di mare. E’ prevista in mattinata la visita, utilizzando i caratteristici “dhow”, le imbarcazioni zanzibarine, dell’Atollo di Mnemba, autentico gioiello marino in stile polinesiano. Pranzo sulla spiaggia con pesce grigliato e nel primo pomeriggio rientro in barca verso Nungwi. Pernottamento in bungalows sulla spiaggia.
 
13° giorno: Nungwi 
Altra giornata di mare. E’ prevista in mattinata la visita, utilizzando i caratteristici “dhow”, le imbarcazioni zanzibarine, dell’Atollo di Mnemba, autentico gioiello marino in stile polinesiano. Pranzo sulla spiaggia con pesce grigliato e nel primo pomeriggio rientro in barca verso Nungwi. Pernottamento in bungalows sulla spiaggia.

14° giorno: Nungwi e Dar es Salaam
Dopo una mattinata di relax sulla spiaggia trasferimento a Stone Town per il traghetto di ritorno verso Dar. Pernottamento presso l’ostello del CEFA.

15° giorno: Dar es salaam – aeroporto 
Giornata interamente dedicata all’acquisto dei souvenir e visita nel pomeriggio ai due principali centri dell’artigianato della capitale, e cioè il mercatino di Mwenge e la cooperativa di produzione dei Tingatinga, i caratteristici quadri tanzaniani. Trasferimento dopo cena in aeroporto e attesa del volo di ritorno.

16° giorno: Dar es Salaam - Italia 
Arrivo nel pomeriggio all’aeroporto di Malpensa.

Il programma di viaggio è indicativo ed è personalizzabile

Per info: 
responsible.tz@gmail.com 
associazionevolontaria@gmail.com
 
VolontariA è un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale che promuove e sostiene progetti in ambito educativo, agricolo, ambientale in Tanzania, in Kenya e in Madagascar, mediante una collaborazione diretta con organizzazioni e gruppi locali.

giovedì 20 marzo 2014

Tecnologia InformAfrica (2)

Dopo la prima distribuzione di computer del settembre 2012 (vedi post "Tecnologia InformAfrica"), VolontariA è stata in grado di donare altri computer portatili sanando alcune situazioni di bisogno. Ancora una volta tutto questo è stato possibile grazie all'aiuto  di Informatici senza Frontiere.
Alcuni degli studenti che VolontariA sostiene dal 2008 in questi anni stanno proseguendo gli studi all'Università, dove i costi dell'istruzione sono totalmente proibitivi per una famiglia tanzaniana media (laddove i genitori fossero ancora presenti) e addirittura impensabili per i nostri ragazzi orfani.  Per sottolineare maggiormente il carattere esclusivo

sabato 10 agosto 2013

Il Sito Archeologico di Isimila

Il sito archeologico di Isimila è situato a circa 20 Km di distanza dalla città di Iringa, lungo la strada che la collega a Mbeya. Situato sul fondo di un’ampia vallata, occupa una superficie di 33 ettari che anticamente costituivano il letto di un lago. Il sito è stato scoperto nel 1951 e nel corso degli scavi che si sono succeduti negli anni ha rivelato la presenza di numerosa di animali del Paleolitico  ed una concentrazione straordinaria di pietre intagliate a foggia di coltelli, martelli, asce e punte di frecce. Questi reperti sono stati datati in un periodo compreso fra 60.000 e 70.000 anni fa e appartennero ad antichi cacciatori delle specie Homo habilis e Homo erectus.
Gli archeologi si sono arrovellati per decenni intorno alla spiegazione di una così inconsueta quantità di manufatti in una superficie relativamente modesta. La teoria più accreditata vuole che Isimila rappresentasse una specie di armeria dell’età della pietra. Infatti sono stati rinvenuti reperti in cumuli a poca distanza l’uno dall’altro. In corrispondenza

mercoledì 22 agosto 2012

Il Diario dei Turisti Responsabili

Di seguito alcune parti del diario scritto dal gruppo di Trento nel corso del viaggio in Tanzania di Luglio.

Partiamo da Iringa alle ore 7.30, dopo aver acquistato farina e zucchero per la Primary School. Affrontiamo una strada sterrata con buche. Molte sono le persone che camminano lungo la strada; indossano vestiti multicolori e si recano alla messa. Le moto, le bici e le teste delle donne sono anche mezzi per il trasporto di merci (legna, sacchi di farina e taniche di acqua). Ad un certo punto l’ambiente diventa verde sia per le coltivazioni come granoturco, piselli, patate, sia per la vegetazione che cresce nei boschi (eucalipti, pini con aghi lunghi e sottili). Arriviamo a Bomalang’ombe alle 10.30 per assistere alla Messa: molto commovente la partecipazione della popolazione al rito, con balli e canti, il parroco che sta in mezzo alla chiesa durante la predica e ci invita a presentarci alla comunità.

lunedì 5 marzo 2012

Progetto Bomalang'ombe: una storia di reale sviluppo

Il Villaggio di Bomalang'ombe (abbreviato "Boma") si trova sulle montagne della Tanzania centro-meridionale, in un'area estremamente  povera. Quando il CEFA (Comitato Europeo Formazione e Agricoltura) arrivò a Boma, nel 1994, il villaggio contava poco più di 3.000 abitanti. Oggi, grazie alle numerose attività promosse dal CEFA nel corso degli anni, il villaggio è cresciuto tanto da dover essere suddiviso in due comuni, Bomalang'ombe e Lyamko. Il CEFA è riuscito quindi a creare un luogo di immigrazione in ambito rurale, contrastando il grave fenomeno dell'urbanizzazione, che è causa di tanti problemi che affliggono i paesi del sud del mondo.
 I due villaggi insieme oggi contano circa 12.000 abitanti. Grazie all’intervento del CEFA sono state realizzate una centrale idroelettrica, un acquedotto, vie di comunicazione, una cooperativa che produce succhi di frutta, marmellate e salsicce, una falegnameria, oltre a tutti gli interventi nel settore sociale che hanno portato alla costruzione di due scuole primarie, un centro sociale, una sartoria ed un asilo.
In modo particolare la costruzione dell'acquedotto e delle 50 fontane ha abbattuto drasticamente il tasso di mortalità infantile per diarrea   neonatale, e la distribuzione di energia elettrica a circa 2.000 abitanti ha comportato un'evoluzione nei criteri costruttivi delle abitazioni (pavimentazioni in cemento, tetto in lamiera, muri in mattoni cotti), e un netto miglioramento della qualità della vita, grazie anche alla nascita di nuove attività commerciali.
Un altro intervento che ha prodotto un impatto grandioso sulla popolazione è stata la costruzione della strada che collega Boma alla via di comunicazione che porta ad Iringa, il centro urbano più importante della Tanzania meridionale. Quest'opera ha consentito e consente tuttora l'arrivo quotidiano dell'autobus, il mezzo per trasportare i prodotti da vendere sul mercato cittadino e per portare verso i villaggi ogni cosa, dal materiale edilizio ai fertilizzanti,  dai medicinali agli alimenti che non si trovano localmente.
Il CEFA vuole proseguire il proprio impegno negli anni a venire concentrandosi su altri villaggi del Distretto di Kilolo, che sono rimasti arretrati esattamente come lo era Boma prima del suo arrivo.

M.L.

Bomalang'ombe Project: a history of real development

Bomalang’ombe village (in short “Boma”) lies in Tanzania Southern Highlands, an extremely poor area. When CEFA (European Committee for Training and Agriculture)  arrived in Boma, in far 1994, the village counted just 3.000 inhabitants. Today, thanks to several activities promoted by CEFA during years, the village grew so much to be be divided in two municipalities, Bomalang’ombe and Lyamko. Cefa succeeded in to create a place of immigrations in a rural area, hindering the urbanization process which causes many of the problems affecting developing countries. 
The two villages together count nearly 12.000 people. Due to CEFA intervention were started an hydropower plant, an aqueduct, the main road, a cooperative producing juices, jams and sausages, a carpentry, besides all the activities in social sector such as the construction of two primary schools, a tailoring and a kindergarten.
In particular, the distribution of safe water to the population through 50 fountains drastically decreased infant mortality caused by dysentery. Furthermore, the generation of electric energy and its provision to 2.000 inhabitants produced an evolution in building criteria for houses (concrete floor, metallic roof, brick walls), a relevant improvement of life quality  and the proliferation of new economic activities.
The new road connecting Boma with one of the main cities in southern Tanzania, Iringa, determined probably the strongest impact on the population. This infrastructure allows to public transports to reach Boma and through them the population can transport agro-products toward city market, supply the village in a fast and cheap way food, fertilizers, building materials, medicines, etc.
CEFA wants to continue its commitment in future focusing Kilolo District, helping other villages that suffer the same situation of under-development present in Bomalang’ombe before 1994.   

M.L.

domenica 12 febbraio 2012

4 Ragioni per visitare il Ruaha National Park

Ho visitato il Parco Nazionale Ruaha più di dieci volte negli utlimi sei anni. Ho lavorato nella regione di Iringa quindi il Ruaha N.P. era la soluzione più semplice per sfruttare i brevi periodi di vacanza. E’ mia opinione che il Ruaha N.P. sia uno dei parchi più suggestivi ed emozionanti di tutta l’Africa orientale. Le ragioni principali per scegliere una visita del Ruaha N.P. sono:
Grazie allo scarso numero di visitatori (2.500 all’anno, contro gli oltre 250.000 che visitano il Serengeti) l’esperienza del Ruaha N.P. è una delle più selvagge che possano essere vissute in un parco africano. La maggior parte degli avvistamenti della fauna selvatica avviene nella più completa solitudine.
Il Ruaha N.P. è un tipico parco fluviale; ciò significa che tutto il Parco si sviluppa lungo il corso di un grande corso d’acqua (il fiume Ruaha appunto). Durante la stagione secca il fiume si riduce ad un piccolo torrente, che rappresenta l’unica fonte d’acqua nel raggio di centinaia di chilometri. Tutti gli animali devono convergere a questo fiume per abbeverarsi quindi è estremamente facile osservare la fauna selvatica. Spesso i predatori, che attendono le loro prede vicino al fiume, vengono avvistati durante la caccia. In questo Parco gli animali maggiormente predati dai leoni sono i bufali e secondariamente le giraffe. Ogni caccia lascia con il fiato sospeso!
Dopo l’annessione delle paludi dell’Usangu, Ruaha N.P. è divenuto il parco nazionale più esteso di tutta l’Africa, sorpassando il Kruger ed il Serengeti. Tuttavia l’area più adatta per vedere gli animali è relativamente ristretta e può essere coperta quasi interamente in un solo giorno.
Le poche strutture di accoglienza turistica presenti all’interno dei confini del Parco sono ben nascoste e mimetizzate nella natura. Ciò aiuta il visitatore a vivere una reale immersione nell’ecosistema africano. In ogni lodge o alloggio pubblico (le “banda” gestite dalla Tanapa) il turista si sente veramente calato nella natura e l’interazione diretta con gli animali selvatici è all’ordine del giorno. Ciò implica di osservare le regole di comportamento in presenza di animali e di seguire pedissequamente le istruzioni dei guardia-parco.
Suggerisco di visitare il Ruaha N.P. durante la stagione secca (da Giugno a Novembre) per osservare al meglio gli animali di grandi dimensioni. La stagione delle piogge (Dicembre-Maggio) è il periodo migliore invece per il bird-watching e per vedere la natura nella sua massima espressione di rigoglio e colore. Nella stagione umida di solito – ma non è una regola – è più difficile vedere i mammiferi.
Le due star del Ruaha N.P sono i leoni (il parco ne è letteralmente affollato) e i tragelafi o kudu (che si avvistano facilmente solo qui e al Selous), ma tutta la tradizionale fauna africana è qui ben rappresentata. L’unico membro della cerchia dei famosi “big five” che non si può vedere è il rinoceronte, che in Tanzania i turisti possono vedere esclusivamente a Ngorongoro.

M.L.

sabato 11 febbraio 2012

4 Reasons to visit Ruaha National Park

I went in Ruaha National Park more than 10 times in the last 6 years. I worked in Iringa region so Ruaha was the easiest park to visit during short holidays. In my opinion is one of the most exciting parks in whole East Africa. The main reasons to prefer the visit of Ruaha N.P. are:
Thanks to the low number of visitors (2.500 per year compared with Serengeti that hosts 250.000 visitors every year!) the experience in Ruaha N.P. is one of the wildest can be lived in Africa. Most of the game viewing occur in absolute isolation and solitude;
Ruaha N.P. is a typical river park, which means that all the park area is developed along a main river (Ruaha river). During the dry season the river is reduced to a small stream and represent the only source of water for hundreds of kilometers. All the wildlife must converge to the river so is very easy to see animals and very often predators can be observed during hunting. In this park the main prey for lions are buffaloes and secondary giraffes. All hunts are very breathtaking!
After the annexation of Usangu Swamp Ruaha N.P. became the biggest National Park in Africa, surpassing Serengeti and Kruger Park. Anyway, the main area useful for game viewing is relatively small and can be covered in one day.
All the tourist structures inside the park are hidden and well merged into nature. This helps to live a true immersion in African ecosystem. In every lodge and public huts (tourist bandas managed by Tanapa) the visitor is really inside nature and a direct interaction with wildlife is absolutely normal. Take care of your movements and follow suggestions and rules of park wardens.
I suggest to visit Ruaha N.P. from June to November (Dry season) to sight large game and predators. The rainy season (December-May) is very interesting for bird-watching and to see an explosion of colors and flowers. In rainy season usually – but is not a rule – is more difficult to see mammals.
In my opinion the two stars of Ruaha National Park are lions (the park is full of these predators) and kudus (easily sighted only here and in Selous), but all the traditional game are present. The only member of big five that you cannot see here is rhino, which can be viewed by tourists in Tanzania only in Ngorongoro.

M.L.

giovedì 13 gennaio 2011

Un Artista Incompreso

Uno dei personaggi più curiosi che ho conosciuto durante i due anni trascorsi in Tanzania è stato sicuramente Simiga. Simiga era un esponente inconsapevole dell’arte di strada. Ma a differenza degli artisti di strada del mondo occidentale, non si limitava ad esibirsi nel corso di festival o sagre, bensì la strada rappresentava il teatro della sua attività ogni singolo giorno della sua esistenza. La sua bottega-baracca si trovava lungo una delle strade principali di Iringa, i suoi dipinti si asciugavano sopra l’asfalto, i materiali che utilizzava erano vernice per auto e stoffe a basso costo, si occupava personalmente di vendere le sue opere là dove sapeva che avrebbe trovato qualcuno disposto ad acquistarle, anche a costo di percorrere decine e decine di chilometri in bicicletta.



Simiga era l’allievo più dotato di Kapo, un famoso pittore della Tanzania meridionale che ha decorato chiese e missioni con le sue opere. Simiga non ha avuto lo stesso successo, e ha dovuto ripiegare sulla produzione in serie di dipinti da vendere a turisti e negozi di souvenir. Si teneva molto informato sui movimenti intorno alle missioni situate intorno ad Iringa, e dopo l’arrivo di un gruppo di visitatori dall’Europa o dagli Stati Uniti capitava spesso di vederlo arrivare con la bicicletta carica dei suoi dipinti. Aveva uno stile tutto suo, che non piaceva a tutti. Tuttavia non ha mai voluto cambiare la sua personalissima impronta per rendere le sue opere più commerciali.

Simiga aveva una particolarità anatomica, qualcosa di piuttosto singolare per uno pittore: era decisamente strabico.

Il suo capolavoro, la sua Cappella Sistina, è la decorazione dell’asilo di Bomalang’ombe. Anni fa gli fu richiesto di dipingere i muri esterni ed interni dell’asilo della chiesa cattolica di Bomalang’ombe con figure legate alla storia di Gesù, e ciò gli richiese molti mesi di lavoro. Come tutti i grandi artisti, utilizzò il proprio volto per raffigurare quello di Gesù: oggi si può ammirare, sui muri esterni di quell’asilo, un meraviglioso Cristo strabico che benedice folle di bambini. I molti mesi di lavoro a Boma portarono anche frutti inattesi: ci sono molti bambini nel villaggio che assomigliano in maniera sospetta a Simiga, ed il loro sguardo strabico non lascia dubbi sull’identità del loro padre.

Simiga era uno delle persone che avevamo scelto di aiutare come associazione di volontariato. Acquistavamo i suoi dipinti in grande quantità e li rivendevamo in Italia nelle bancarelle che allestivamo nel corso delle varie fiere e feste alle quali partecipavamo. I proventi di queste vendite, secondo la formula per noi consueta, andavano a costituire il fondo a disposizione per il sostegno scolastico. Devo dire che si era creato un buon numero di estimatori dei suoi lavori, i quali spesso si ripresentavano fiera dopo fiera per vedere e comprare i nuovi dipinti di Simiga.

Eravamo riusciti a creare un sistema vantaggioso per entrambi; gli ordinavamo telefonicamente un certo numero di dipinti, che poi durante il nostro viaggio in Tanzania passavamo a ritirare. Simiga non aveva mai avuto dei committenti così regolari, e forse per la prima volta in vita sua aveva uno stipendio su cui contare. La bottega di Simiga era divenuta anche un’attrazione per le persone che ci accompagnavano nei viaggio, una specie di luogo di pellegrinaggio per i suoi fan italiani.

Nel 2009, nel corso del tradizionale viaggio di turismo responsabile, non abbiamo più trovato la sua bottega. I negozianti vicini ci hanno informato che era morto da qualche settimana a causa dell’HIV. Se ne è andato così nell’anonimato più completo un vero artista che non ha mai assaporato il successo ma che ha sempre vissuto per la sua arte nonostante questa gli procurasse solo povertà e privazioni.











M.L.

domenica 11 luglio 2010

Udzungwa Scarp

La Riserva Forestale di Udzungwa Scarp è una delle maggiori aree forestali che coprono la catena dei Monti Udzungwa, situati nella Tanzania centro-meridionale. Essa copre una superficie di circa 220 km2 sul versante sud-orientale della catena montuosa. Insieme al Parco Nazionale dei Monti Udzungwa, che rappresenta la sua continuazione settentrionale, costituisce un’area protetta di eccezionale valore ecologico, biologico ed ambientale. I Monti Udzungwa infatti rappresentano una porzione dell’Arco Orientale, una serie di rilievi montuosi che anticamente costituivano un’unica catena che attraversava da sud a nord tutta la Tanzania per terminare in Kenya.

L’erosione che ha avuto naturalmente luogo nel corso di milioni di anni ha provocato una parcellizzazione dell’antica catena in tante “isole” di rilievi coperti di foresta ed ecologicamente separate le une dalle altre da profondi avvallamenti caratterizzati da clima ed altitudine profondamente diversi. In questo modo l’evoluzione delle specie di animali e piante è proseguita in ognuno di questi segmenti montuosi in modo autonomo, dando origine ad una estrema biodiversità concentrata in superfici relativamente piccole. E’ grazie al grande numero di nuove specie scoperte e ancora da scoprire che i Monti Udzungwa si sono meritati l’appellativo di “Galapagos d’Africa”.

Un aspetto importante dell’Udzungwa Scarp è che la sua foresta primaria si estende lungo le pendici delle montagne partendo da un’altitudine di circa 400 metri s.l.m., con un caratteristico paesaggio di savana, fino ad un’altitudine di 1900 metri s.l.m., con un clima completamente diverso caratterizzato da abbondanti piogge e freddo intenso. All’interno di questa ampia varietà di ecosistemi si sono evolute e differenziate centinaia di specie di animali e piante, oltre a tutte le specie che hanno colonizzato successivamente questi luoghi e che si possono trovare anche in altre aree.

Tra le specie animali che si possono trovare solo nell’Udzungwa Scarp, ed in particolare in una piccola zona della riserva, la storia più curiosa riguarda la “Rana mammifera” (Nectophrynoides asperginis), così chiamata perché è ovovivipara e cioè non depone uova ma dà alla luce girini vivi. Il suo habitat sono le cascate di Kihanzi, e perché il suo ciclo biologico si completi sono necessarie proprio la corrente e gli spruzzi delle cascate. Kihanzi è sito scelto nel 2000 per la realizzazione di un gigantesco impianto idroelettrico, costruito grazie ad un progetto della Banca Mondiale da 270 milioni di dollari . L’opera di presa dell’acqua avrebbe modificato il naturale corso delle cascate minacciando così la sopravvivenza della rana mammifera. Grazie al grande lavoro delle associazioni di ambientalisti e agli studi dei biologi è stato possibile modificare il progetto originario in modo da conservare una nicchia ecologica per le rane.

Udzungwa Scarp è straordinariamente ricca di anfibi e rettili unici di queste zone, mentre i mammiferi più diffusi sono cinque specie di primati (colobo rosso, colobo bianco e nero, la scimmia di Syke’s, galagoni, cercocebo di Sanje), iraci, leopardi (nella parte più bassa della foresta), piccole antilopi e numerose specie di piccoli mammiferi che abitano il sottobosco. Tra questi il più simpatico è sicuramente il rincocione, un toporagno-elefante caratteristico dell’Africa orientale. Una nuova specie di rincocione è stata scoperta recentemente dai ricercatori del Museo Tridentino proprio sui Monti Udzungwa.

http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/esteri/topo-tanzania/1.html

La foresta dell’Udzungwa Scarp è seriamente minacciata dall’attività umana e dall’espansione degli insediamenti che si trovano lungo i confini della riserva. Purtroppo lo status di Riserva Forestale non garantisce le stesse misure di protezione che difendono i Parchi Nazionali, per cui attività illegali di bracconaggio ed il taglio indiscriminato degli alberi della foresta fanno sorgere interrogativi e preoccupazioni in merito alla sopravvivenza di questo straordinario quanto fragile ecosistema.

Un modo per aumentare l’interesse nei confronti di questa Riserva potrebbe essere quello di pubblicizzarne lo sfruttamento nel contesto di progetti di Ecoturismo. Il Museo Tridentino di Scienze Naturali ha provato ad esplorare questa possibilità, purtroppo con modesti risultati. Infatti il trekking in foresta non garantisce la stessa spettacolarità di un safari (gli alberi fitti ostacolano la visione della fauna) ed è tutt’altro che ricco di comfort. In più, come se non bastasse, il governo tanzaniano, forse per evitare le invasioni (per altro improbabili) di turisti nelle aree protette, ha burocratizzato pesantemente l’accesso alle Riserve Forestali imponendo il pagamento di una quota giornaliera superiore a quella del parco nazionale da effettuare esclusivamente negli uffici di Morogoro, a centinaia di km cioè dall’ingresso in foresta.

Tutte queste misure non hanno impedito, a mia moglie e me, di sperimentare il primo tratto di un trekking che attraversa tutta l’Udzungwa Scarp da Masisiwe (villaggio a circa 1900 metri) fino a Chita, che sorge lungo le sponde del fiume Kilombero proprio ai piedi della catena degli Udzungwa. La nostra meta era Kihanga (S 08°22’19,7”, E 35°58’52,9”) a 1692 s.l.m., che si trova a 11,2 km in linea d’aria dal villaggio di Masisiwe. La durata prevista era di 4 ore di marcia con i portatori. Malauguratamente abbiamo ritenuto di potere fare senza, ed il tempo di percorrenza e la fatica si sono dilatati sensibilmente (noi abbiamo impiegato circa 6 ore).

Gli abitanti di Masisiwe millantano di riuscire a raggiungere Chita in 8 ore, ma se dovessi prevedere un trekking considererei tre giorni di cammino per completare il percorso.

Kihanga è il campo base a cui si sono appoggiate tutte le spedizioni esplorative dell’Udzungwa Scarp, dove cioè i ricercatori e i naturalisti hanno montato i campi in grado di ospitare loro e le attrezzature necessarie allo studio della foresta e dei suoi abitanti.


Kihanga non è altro che una minuscola radura in mezzo alla foresta pluviale, la cui caratteristica principale è quella di trovarsi in prossimità di una sorgente di acqua purissima e trasparente assolutamente potabile, che forma fra l’altro un laghetto ideale per lavarsi.

Come detto gli unici componenti della spedizione eravamo mia moglie ed io, guidati da un anziano abitante del villaggio di Masisiwe, Stephan Kayage, che la comunità locale ha scelto per guidare le spedizioni dei visitatori che desiderano inoltrarsi nella foresta.

Stephan non aveva scarpe ed il solo bagaglio era una tanica di pombe (alcolico ottenuto dalla fermentazione del mais), due canne da zucchero ed un machete. Tutto il suo sostentamento di due giorni di marcia era contenuto in questi oggetti.

Noi eravamo stracarichi, con abbigliamento tecnico, tenda, cibo e acqua in quantità. A noi le nostre provviste sono risultate decisamente scarse.

La foresta si è rivelata una prova molto più dura del previsto, a causa del clima umido, i duri dislivelli e i tronchi abbattutti che ostacolavano il cammino, ma ci ha regalato emozioni indescrivibili. Purtroppo nei due giorni che siamo rimasti sui monti Udzungwa non abbiamo trovato il tempo per un’esplorazione del territorio circostante il campo. Appena arrivati al campo base infatti abbiamo acceso il fuoco, piantato la tenda, consumato il pasto e ci siamo fiondati immediatamente a dormire. Eravamo stremati.

Non ci sono sfuggiti però i rumori della notte, le voci dei milioni di esseri viventi che popolano la foresta. Di giorno quest’ambiente sembra disabitato, ma di notte la vita esplode letteralmente. Siamo riusciti a registrare il verso dell’irace arboricolo, il cui gracchiare sovrasta tutte la altre voci notturne.

Ci piacerebbe un giorno, forti dell’esperienza accumulata, completare il tragitto fino alla pianura del Kilombero, fino a Chita. In quell’occasione però ci faremo accompagnare da dei portatori, gente allenata ed esperta che non conosce la fatica.

M.L.

domenica 16 maggio 2010

Un Diritto Negato

Tilivon ha 16 anni, ed è figlio del catechista del villaggio di Bomalang’ombe. E’ uno studente esemplare, ed i buoni risultati conseguiti durante la scuola primaria gli hanno consentito di accedere ad una scuola secondaria pubblica. Purtroppo, conformemente alle normative riguardanti la distribuzione degli studenti nella scuola pubblica, è stato destinato alla una scuola di Tunduru, che si trova a circa 500 chilometri da casa sua. Queste leggi, apparentemente crudeli, sono state introdotte dal primo presidente della Tanzania, Nyerere, allo scopo di formare classi composte da ragazzi provenienti da regioni diverse. In questo modo i ragazzi sono abituati fin da piccoli a frequentare un ambiente multietnico e ciò a contribuito a rendere la Tanzania uno dei pochi paesi dell’Africa a non conoscere tensioni sociali di matrice etnica. Trifon probabilmente non è al corrente del motivo per cui è costretto a rivedere la propria famiglia una volta all’anno affrontando un viaggio lungo e costoso, però accetta con gioia questa situazione perchè gli consente di studiare nella scuola secondaria.
Ayubo e Titus provengono da Kitemela, una piccola comunità rurale di poche centinaia di anime. Per arrivare al loro villaggio si è costretti a percorrere una strada sconnessa che è transitabile dalle auto pochi mesi all’anno. Le loro famiglie, come tutte quelle di Kitemela, traggono le proprie risorse dal lavoro dei campi e non possono permettersi di pagare la retta scolastica né le altre spese. Ogni studente infatti deve provvedere autonomamente all’acquisto del materiale scolastico, della divisa, del materasso, del cibo, del sapone, delle stoviglie, e di tutto l’occorrente per vivere lontano da casa propria. Ayubo e Titus sono i primi due abitanti del loro villaggio ad entrare nella scuola secondaria.





Jemaida vive a Mbawi, un villaggio situato sulle montagne della Tanzania meridionale. Frequenta la scuola secondaria a Masisiwe, che dista a piedi da casa sua un paio d’ore. Ogni giorno quindi Jemaida si alza molto prima dell’alba per arrivare puntuale a scuola per farvi poi ritorno alcune ore dopo il tramonto. Eppure, nonostante le difficoltà che la frequenza della scuola implica, Jemaida è una bambina fortunata perché, a differenza della maggior parte dei suoi coetanei di Mbawi, può ricevere un’istruzione che forse un giorno le consentirà di trovare un buon lavoro e quindi guadagnare abbastanza soldi da mantenere la sua famiglia.






Queste sono solo alcune delle storie dei ragazzi che beneficiano del progetto di Sostegno Scolastico di VolontariA onlus. La Tanzania è uno dei paesi dell’Africa con la più alta frequenza nelle scuole primarie (97 % - fonti Unicef), mentre è uno degli ultimi al mondo in fatto di accesso all’istruzione secondaria (4,8% - fonti Unesco). Mentre infatti le scuole primarie sono pressoché gratuite, le scuole secondarie rappresentano per le famiglie una spesa proibitiva. I pochi ragazzi che guadagnano per merito scolastico il diritto di accedere alla scuola governativa, dal costo accessibile, sono costretti a frequentarla lontano dal villaggio natale, e quindi a sostenere elevatissimi costi di vitto, alloggio e di trasporto. Quelli invece che potrebbero frequentare soltanto una scuola secondaria privata, seppur vicina a casa, devono pagare rette annuali onerosissime. In un modo o nell’altro una famiglia media tanzaniana dal reddito di circa 400 dollari all’anno, non può permettersi gli studi secondari dei propri figli. Il risultato è che spesso due o tre famiglie di parenti scelgono di unire le proprie misere finanze e di riservare questo privilegio a soltanto uno tra tutti i loro figli. Purtroppo la moderna vita cittadina richiede questo genere di qualifica per l’assunzione ad un lavoro dignitoso, completando quindi il meccanismo che perpetua la spirale di povertà.



L’istruzione è uno fra i più elementari diritti dell’essere umano e non c’è genitore in Tanzania che non sarebbe disposto a qualunque sacrificio per garantire questo diritto ai propri figli. La considerazione più dolorosa è che quello che è impossibile per due genitori in Tanzania, e cioè il pagamento della retta scolastica per uno dei propri figli, rappresenta uno sforzo assolutamente esiguo per un abitante del mondo cosiddetto evoluto: con 250 euro all’anno si può far fronte a questa spesa e garantire l’istruzione ad uno studente africano. E’ possibile che non si riesca a donare il superfluo per garantire l’essenziale ad un nostro simile?

M.L.

mercoledì 24 febbraio 2010

Incidenti di Percorso (1)

Nel mondo cosiddetto "sviluppato" la strada è quella linea che unisce due luoghi. Non ha alcun significato intrinseco se non quello di condurre da qualche parte. Nella maggioranza dei casi è una perdita di tempo necessaria per raggiungere il luogo di lavoro o una sospirata meta vacanziera. In Africa non è quasi mai così. Ogni chilometro ha un proprio senso preciso in quanto può nascondere un insegnamento da ricordare o un ostacolo da superare. L'impossibilità di procedere è generalmente il motore di esperienze che si vivono lungo la strada, impone la sosta e prepara il terreno all'imponderabile, al caso ed al destino.



Un episodio emblematico avvenne la prima (sottolineo "la prima") volta che mi recai al villaggio sede del progetto. All'epoca frequentavo il corso di kiswahili che si svolgeva dal lunedì al venerdì ad Iringa. Invece di crogiolarmi per tutto il weekend nella vita cittadina preferii recarmi nel luogo in cui avrei vissuto per due anni, impaziente di gettarmi nella mischia. Decisi (non che avessi altra scelta) di arrivarci con l'autobus scalcinato che ogni giorno percorre la tratta Iringa-Bomalang'ombe. Era l'inizio della stagione delle piogge, ma all'epoca ancora non sapevo cosa ciò potesse comportare. Il viaggio fu molto interessante, dato che ebbi modo di studiare tutto il percorso e i caratteristici villaggi che si succedevano. Pranzai con un'ottima pannocchia abbrustolita acchiappata al volo durante una delle numerose e lunghe soste, studiate senz'altro più a favorire il commercio degli abitanti dei villaggi che a consentire la discesa e la salita dei passeggeri, operazione che si svolgeva nell'arco di un paio di minuti. La cosa curiosa era che ogni villaggio era specializzato in una particolare merce: c'era il villaggio della frutta, quello dei pomodori, quello delle pannocchie, ecc. Come se fosse stato stabilito un tacito accordo di non belligeranza commerciale tra i diversi villaggi. Nel corso degli anni avrei poi imparato ad apprezzare il progressivo variare delle merci vendute in virtù del succedersi delle stagioni che influivano sulle produzioni agricole disponibili.

Dopo circa quattro ore dalla partenza, arrivati a Kidabaga, l'autobus si fermò. Kidabaga era (ed è tuttora) un grosso villaggio che si trovava a trenta chilometri dalla mia meta e che segnava il confine tra la pista in buone condizioni e quella meno battuta.

All'inizio valutai che si trattasse di una delle classiche e interminabili soste che avevano costellato il percorso, ma quando rimasi l'unico passeggero capii che qualcosa non andava. Con un kiswahili stentato (avevo alle spalle solo una settimana di lezione) capii, o meglio intuii, che la strada da Kidabaga a Bomalang'ombe era troppo brutta, che l'autobus non poteva farcela e si sarebbe di certo impantanato. A Kidabaga non esistevano luoghi che ritenessi adatti a dormire (ma questa valutazione era destinata a cambiare radicalmente con il passare del tempo) per cui cominciai a preoccuparmi. Trenta chilometri a piedi sono tanti, soprattutto di notte e senza conoscere la strada. Questo problema non affliggeva soltanto me, ma anche tutti i passeggeri che erano diretti nei villaggi oltre Kidabaga. A domanda, come sempre, corrispose un'offerta. Un abitante di Kidabaga improvvisò un mezzo di trasporto su cui ci propose di salire dietro, ovviamente, un ragionevole compenso. Si trattava di un trattore a cui venne agganciato un misero carro realizzato con un puzzle di pezzi di ricambio malamente assemblati. Sul fondo del carro vennero sistemati tutti i bagagli e sopra questi ci disponemmo noi passeggeri insieme ad alcune galline in gabbia. Tutta questa impalcatura cigolava e scricchiolava ad ogni metro, ed era immediatamente evidente che il carro si sarebbe schiantato di lì a poco. Prima del definitivo cedimento strutturale, che avvenne a circa dieci chilometri dall'arrivo, si ruppero per l'eccessivo peso tutte le ruote ad una ad una. Le camere d'aria vennero tutte aggiustate artigianalmente per poi proseguire ogni volta. Ad ogni pit stop la gente scendeva con calma e rassegnazione, e aspettava con pazienza il momento in cui si sarebbe ri-arrampicata sul cumulo di sacchi e bagagli per riprendere la marcia. Ad una decina di chilometri dall'arrivo, come detto, il carro collassò ed il semiasse cedette. Erano le undici di sera, era buio da diverse ore, e la gente ancora una volta scese per assistere alle operazioni di riparazione. Questa volta era evidente che senza l'aiuto di un meccanico vero non sarebbe stato possibile sistemare il carro, ma la maggior parte dei passeggeri volle negare l'evidenza ed attendere che si verificasse il miracolo ad opera dei nostri sprovveduti traghettatori. Io ero maledettamente stufo, e spiegai che avrei proseguito a piedi. Venni seguito soltanto da due donne che dividevano il peso di due bagagli ed un lattante. Io probabilmente fornivo loro un barlume di sicurezza, loro indicavano la strada. In due ore arrivammo al villaggio, ed all'una di notte, esattamente tredici ore dopo essere partito da Iringa, svenni esausto nel letto.


M.L.

lunedì 30 novembre 2009

Il progetto Kilolo

Di seguito propongo il filmato, trasmesso da RaiTre il 10 Novembre 2009, relativo al Progetto di Sviluppo Agricolo di Kilolo. Dopo quindici anni di straordinari interventi a favore della comunità del villaggio di Bomalang'ombe, l'ONG italiana CEFA lancia questa interessante iniziativa allo scopo di estendere i benefici derivanti dalla sua presenza competente ed esperta ai villaggi di un intero Distretto.
Il settore scelto per segnare questo passaggio è l'agricoltura, dal momento che consente di raggiungere un ampio numero di beneficiari e perchè incide direttamente sul reddito del 90% delle famiglie tanzaniane.
Questo progetto è realizzato dal CEFA Onlus con il sostegno tecnico ed economico del Consorzio delle Buone Idee di Bologna.

sabato 29 agosto 2009

Chamaleon Safari

Quando capii in che parte dell'Africa ero capitato a trascorrere i miei due anni di servizio, c'era un aspetto che non mi andava proprio giù. L'immaginazione aveva solidamente costruito un paesaggio fatto di acacie, grandi mammiferi africani, caldo e frutta tropicale. La natura esercita in me un fascino irresistibile, e quella che ero andato a cercare aveva dei contorni ben definiti.
Risultato: mi trovavo a 2000 metri di altezza, il clima era terribilmente freddo, l'albero più diffuso era il pino canadese e mangiavo pesche e pere. Ma soprattutto di fauna africana non ce n'era nemmeno l'ombra. Se non ci fossero state le capanne e la terra rossa il resto del paesaggio sarebbe stato assolutamente identico a quello dell'appennino tosco-romagnolo.
In un paio d'ore d'auto si scendeva di quota e la natura corrispondeva effettivamente a quella che avevo immaginato, ma non era lì che abitavo.
Chiaramente questo disappunto non poteva in alcun modo minare l'esperienza che avevo il privilegio di vivere, però una puntina di amarognolo rimaneva nel profondo.
Questo finché non capitò nel villaggio un erpetologo di Harvard, il quale ci chiese ospitalità per il tempo necessario a svolgere le sue ricerche.
Costui si chiamava Luke Mahler (http://www.oeb.harvard.edu/faculty/losos/mahler/) ed il suo arrivo fu accompagnato da un profondo sentimento di curiosità: cosa poteva cercare un naturalista americano in un luogo come questo? Fu lui a darci la risposta: camaleonti.

Molto timidamente gli facemmo notare che in sei mesi di permanenza non ne avevamo visto nemmeno uno. Ma lui ci rispose che non sapevamo cercarli, e che quella notte stessa ce li avrebbe mostrati. Di notte?!?
Luke era pratico di quel tipo di ricerche e andò immediatamente a presentarsi al capo villaggio per spiegare il motivo della sua presenza e per chiedere il permesso di aggirarsi di notte a raccogliere camaleonti. I permessi furono concessi, e non appena si sparse la notizia che un mzungu (bianco) cercava vinyonga (camaleonti), iniziò un'ininterrotta processione a casa nostra da parte di persone intenzionate a vendere i camaleonti che avevano catturato per l'occasione. Fra queste persone c'erano anche alcuni nostri dipendenti.
Noi rimanemmo sbalorditi per due motivi: il primo era che il giorno prima non sapevamo neanche che questi animali fossero presenti in così gran numero nei dintorni di casa, il secondo era che il camaleonte è un animale porta-sfortuna per la cultura locale, e la gente ne è del tutto terrorizzata. Ma pochi spiccioli si erano dimostrati più potenti delle ataviche credenze…



La notte, come anticipato, uscimmo con Luke alla ricerca di camaleonti. Fu nel corso di quella camminata notturna (a cui ne seguirono numerose altre) che Luke ci spiegò che il nostro villaggio sorgeva in una delle aree naturalisticamente più interessanti dell'Africa intera. Non c'erano leoni ed elefanti, ma quelli non sono animali rari per l'Africa. Invece in quella zona, proprio per le sue caratteristiche di isolamento ecologico e climatico rispetto alle aree circostanti, si erano evolute molte specie del tutto singolari e uniche, soprattutto all'interno delle classi dei rettili e degli anfibi. In particolare, era una delle poche zone dove si potevano trovare contemporaneamente tre rare specie di camaleonti poco descritte dal mondo scientifico, ovvero il Chamaeleo werneri, il Chamaeleo tempeli ed il Chamaeleo goetzi.
Il miglior modo per scovare i camaleonti, virtualmente invisibili di giorno, era quello di cercarli di notte alla luce delle torce elettriche. Magicamente la boscaglia si popolava di sagome bianche appese ai fusti delle piante ed ai rami degli alberi. Si potevano riconoscere forme adulte e forme giovanili, maschi e femmine.
Il "Safari dei Camaleonti" divenne la principale attrazione turistica da sottoporre ai visitatori del nostro progetto, e nel corso delle numerose uscite notturne avevamo imparato che il loro numero variava in funzione della stagione e che le tre specie vivevano in habitat completamente diversi: il Goetz si poteva trovare aggrappato verticalmente alle canne ed alle piante erbacee che crescevano nell'acqua di stagni e paludi, il Tempel amava dormire sulla punta dei rami dei pini, mentre il "cornuto" Werner si nascondeva nel folto degli alberi ed era quello più difficile da trovare.
Provammo anche ad allevarne uno in cattività, il che ci costrinse a catturare per lui insetti vivi e a studiare le disposizioni migliori per favorire la sua biologia. Questo camaleonte, forse reo di non rappresentare alcun interesse economico, riaccese tutte le superstizioni sopite e dovevamo stare molto attenti a non mettere il suo terrario improvvisato nelle vicinanze della cuoca, che altrimenti si rifiutava di lavorare. Il povero Brian però ci lasciò durante una notte tempestosa, quando dimenticammo la bacinella che lo accoglieva sotto al diluvio ed alle intemperie. Sei stato un buon compagno Brian.

M.L.