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giovedì 21 agosto 2014

La Forêt de Andasibe (FR)

Le parc national d'Andasibe-Mantadia est une réserve forestière située dans la partie orientale de Madagascar. Il se situe sur la route entre Antananarivo (la capitale) vers la ville côtière de Tamatave.  Elle représente une halte idéale pour ceux qui font le long voyage vers l'Ile Saint Marie ou Canal des Pangalanes. La visite de ce parc naturel est une expérience unique, qui permet d'observer l'écosystème typique de Madagascar et ses habitants les plus spécifiques. Du point de vue touristique, la partie la plus intéressante est la Reserve speciale de Indri indri d’Analamazaotra où vous pouvez observer dans son habitat naturel le fameux Indri indri  et qui constitue l’attraction principale du parc. Ce sont les plus grands lémuriens en vie et ils mesurent

sabato 29 dicembre 2012

Andasibe-Mantadia


Il Parco Andasibe-Mantadia è una riserva forestale situata nella parte orientale del Madagascar. Si situa idealmente sulla direttrice che conduce da Antananarivo (la capitale) verso la città costiera di Tamatave, rappresentando la tappa ideale quindi lungo il viaggio che porta verso Ile Saint Marie o il Canale di Pangalanes. Visitando questo parco si compie un’esperienza naturalistica unica, potendo osservare l’ecosistema tipico del Madagascar e alcuni dei suoi abitanti più caratteristici.
La parte principale del parco da un punto di vista strettamente turistico è la Riserva Speciale Indri-Indri o Anamalazoatra dove si possono osservare i celebri Indri-Indri, ai quali spetta la palma di principali attrazioni del parco. Gli Indri-Indri sono i più grandi lemuri viventi arrivando a misurare quasi un metro di altezza. La loro caratteristica più curiosa sono gli incredibili vocalizzi che emettono di continuo e che è possibile riconoscere fino a tre km di distanza. Il nome malgascio di questi animali è babakoto (leggendo la lettera “o” come se fosse “u”) che letteralmente significa “padre del ragazzo”, a causa della leggenda che vorrebbe gli Indri

domenica 11 luglio 2010

Udzungwa Scarp

La Riserva Forestale di Udzungwa Scarp è una delle maggiori aree forestali che coprono la catena dei Monti Udzungwa, situati nella Tanzania centro-meridionale. Essa copre una superficie di circa 220 km2 sul versante sud-orientale della catena montuosa. Insieme al Parco Nazionale dei Monti Udzungwa, che rappresenta la sua continuazione settentrionale, costituisce un’area protetta di eccezionale valore ecologico, biologico ed ambientale. I Monti Udzungwa infatti rappresentano una porzione dell’Arco Orientale, una serie di rilievi montuosi che anticamente costituivano un’unica catena che attraversava da sud a nord tutta la Tanzania per terminare in Kenya.

L’erosione che ha avuto naturalmente luogo nel corso di milioni di anni ha provocato una parcellizzazione dell’antica catena in tante “isole” di rilievi coperti di foresta ed ecologicamente separate le une dalle altre da profondi avvallamenti caratterizzati da clima ed altitudine profondamente diversi. In questo modo l’evoluzione delle specie di animali e piante è proseguita in ognuno di questi segmenti montuosi in modo autonomo, dando origine ad una estrema biodiversità concentrata in superfici relativamente piccole. E’ grazie al grande numero di nuove specie scoperte e ancora da scoprire che i Monti Udzungwa si sono meritati l’appellativo di “Galapagos d’Africa”.

Un aspetto importante dell’Udzungwa Scarp è che la sua foresta primaria si estende lungo le pendici delle montagne partendo da un’altitudine di circa 400 metri s.l.m., con un caratteristico paesaggio di savana, fino ad un’altitudine di 1900 metri s.l.m., con un clima completamente diverso caratterizzato da abbondanti piogge e freddo intenso. All’interno di questa ampia varietà di ecosistemi si sono evolute e differenziate centinaia di specie di animali e piante, oltre a tutte le specie che hanno colonizzato successivamente questi luoghi e che si possono trovare anche in altre aree.

Tra le specie animali che si possono trovare solo nell’Udzungwa Scarp, ed in particolare in una piccola zona della riserva, la storia più curiosa riguarda la “Rana mammifera” (Nectophrynoides asperginis), così chiamata perché è ovovivipara e cioè non depone uova ma dà alla luce girini vivi. Il suo habitat sono le cascate di Kihanzi, e perché il suo ciclo biologico si completi sono necessarie proprio la corrente e gli spruzzi delle cascate. Kihanzi è sito scelto nel 2000 per la realizzazione di un gigantesco impianto idroelettrico, costruito grazie ad un progetto della Banca Mondiale da 270 milioni di dollari . L’opera di presa dell’acqua avrebbe modificato il naturale corso delle cascate minacciando così la sopravvivenza della rana mammifera. Grazie al grande lavoro delle associazioni di ambientalisti e agli studi dei biologi è stato possibile modificare il progetto originario in modo da conservare una nicchia ecologica per le rane.

Udzungwa Scarp è straordinariamente ricca di anfibi e rettili unici di queste zone, mentre i mammiferi più diffusi sono cinque specie di primati (colobo rosso, colobo bianco e nero, la scimmia di Syke’s, galagoni, cercocebo di Sanje), iraci, leopardi (nella parte più bassa della foresta), piccole antilopi e numerose specie di piccoli mammiferi che abitano il sottobosco. Tra questi il più simpatico è sicuramente il rincocione, un toporagno-elefante caratteristico dell’Africa orientale. Una nuova specie di rincocione è stata scoperta recentemente dai ricercatori del Museo Tridentino proprio sui Monti Udzungwa.

http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/esteri/topo-tanzania/1.html

La foresta dell’Udzungwa Scarp è seriamente minacciata dall’attività umana e dall’espansione degli insediamenti che si trovano lungo i confini della riserva. Purtroppo lo status di Riserva Forestale non garantisce le stesse misure di protezione che difendono i Parchi Nazionali, per cui attività illegali di bracconaggio ed il taglio indiscriminato degli alberi della foresta fanno sorgere interrogativi e preoccupazioni in merito alla sopravvivenza di questo straordinario quanto fragile ecosistema.

Un modo per aumentare l’interesse nei confronti di questa Riserva potrebbe essere quello di pubblicizzarne lo sfruttamento nel contesto di progetti di Ecoturismo. Il Museo Tridentino di Scienze Naturali ha provato ad esplorare questa possibilità, purtroppo con modesti risultati. Infatti il trekking in foresta non garantisce la stessa spettacolarità di un safari (gli alberi fitti ostacolano la visione della fauna) ed è tutt’altro che ricco di comfort. In più, come se non bastasse, il governo tanzaniano, forse per evitare le invasioni (per altro improbabili) di turisti nelle aree protette, ha burocratizzato pesantemente l’accesso alle Riserve Forestali imponendo il pagamento di una quota giornaliera superiore a quella del parco nazionale da effettuare esclusivamente negli uffici di Morogoro, a centinaia di km cioè dall’ingresso in foresta.

Tutte queste misure non hanno impedito, a mia moglie e me, di sperimentare il primo tratto di un trekking che attraversa tutta l’Udzungwa Scarp da Masisiwe (villaggio a circa 1900 metri) fino a Chita, che sorge lungo le sponde del fiume Kilombero proprio ai piedi della catena degli Udzungwa. La nostra meta era Kihanga (S 08°22’19,7”, E 35°58’52,9”) a 1692 s.l.m., che si trova a 11,2 km in linea d’aria dal villaggio di Masisiwe. La durata prevista era di 4 ore di marcia con i portatori. Malauguratamente abbiamo ritenuto di potere fare senza, ed il tempo di percorrenza e la fatica si sono dilatati sensibilmente (noi abbiamo impiegato circa 6 ore).

Gli abitanti di Masisiwe millantano di riuscire a raggiungere Chita in 8 ore, ma se dovessi prevedere un trekking considererei tre giorni di cammino per completare il percorso.

Kihanga è il campo base a cui si sono appoggiate tutte le spedizioni esplorative dell’Udzungwa Scarp, dove cioè i ricercatori e i naturalisti hanno montato i campi in grado di ospitare loro e le attrezzature necessarie allo studio della foresta e dei suoi abitanti.


Kihanga non è altro che una minuscola radura in mezzo alla foresta pluviale, la cui caratteristica principale è quella di trovarsi in prossimità di una sorgente di acqua purissima e trasparente assolutamente potabile, che forma fra l’altro un laghetto ideale per lavarsi.

Come detto gli unici componenti della spedizione eravamo mia moglie ed io, guidati da un anziano abitante del villaggio di Masisiwe, Stephan Kayage, che la comunità locale ha scelto per guidare le spedizioni dei visitatori che desiderano inoltrarsi nella foresta.

Stephan non aveva scarpe ed il solo bagaglio era una tanica di pombe (alcolico ottenuto dalla fermentazione del mais), due canne da zucchero ed un machete. Tutto il suo sostentamento di due giorni di marcia era contenuto in questi oggetti.

Noi eravamo stracarichi, con abbigliamento tecnico, tenda, cibo e acqua in quantità. A noi le nostre provviste sono risultate decisamente scarse.

La foresta si è rivelata una prova molto più dura del previsto, a causa del clima umido, i duri dislivelli e i tronchi abbattutti che ostacolavano il cammino, ma ci ha regalato emozioni indescrivibili. Purtroppo nei due giorni che siamo rimasti sui monti Udzungwa non abbiamo trovato il tempo per un’esplorazione del territorio circostante il campo. Appena arrivati al campo base infatti abbiamo acceso il fuoco, piantato la tenda, consumato il pasto e ci siamo fiondati immediatamente a dormire. Eravamo stremati.

Non ci sono sfuggiti però i rumori della notte, le voci dei milioni di esseri viventi che popolano la foresta. Di giorno quest’ambiente sembra disabitato, ma di notte la vita esplode letteralmente. Siamo riusciti a registrare il verso dell’irace arboricolo, il cui gracchiare sovrasta tutte la altre voci notturne.

Ci piacerebbe un giorno, forti dell’esperienza accumulata, completare il tragitto fino alla pianura del Kilombero, fino a Chita. In quell’occasione però ci faremo accompagnare da dei portatori, gente allenata ed esperta che non conosce la fatica.

M.L.

domenica 16 agosto 2009

Il Rifugio Sassello

Il Rifugio Sassello (N 43°54'38.0"; E 11°42'24.3") è un luogo fuori dal tempo e dall'incredibile fascino che si trova all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

La gestione di questo rifugio è affidata alla Comunità Montana della Montagna Fiorentina, ma i veri protagonisti della sua storia straordinaria sono gli escursionisti, che vi hanno libero accesso e che vi possono trovare tutto l'essenziale. Il principio basilare a cui attenersi quando si visita il Sassello è che bisogna lasciarlo sempre un po’ meglio di come lo si è trovato. Se si utilizzano delle provviste, è bene sostituirle con le proprie. Si può sempre rifornire la legnaia, pulire le pentole che vengono utilizzate e portare via i propri rifiuti ma anche quelli che dovessero essere stati abbandonati da precedenti visitatori poco civili. Ciò che veramente colpisce di questo rifugio è che è un'oasi di pace e tranquillità accessibile a tutti, completamente gratuita ed attrezzata di tutto punto. Pentole, stoviglie, provviste, fiammiferi, legna, coperte, materassini e addirittura chitarre ed una sdraio.


Tutti quelli che lo visitano rimangono colpiti da questo microcosmo di civiltà circondato da una natura grandiosa; molti ragazzi sono diventati dei veri e propri volontari del Sassello, provvedendo alle piccole manutenzioni necessarie ed a mantenerlo sempre in ordine.

Il Rifugio è un ambiente unico separato da un soppalco in legno che divide un piano superiore per la notte da un piano terra destinato a cucina e sala da pranzo. All'interno non ci sono servizi igienici (per quelli c'è il bosco) né acqua. Per quasi tutto l'anno a poche decine di metri sul sentiero principale c'è una fonte di acqua freschissima che si può bere, adoperare per cucinare e per lavarsi. Durante i mesi caldi questa fonte può essere secca, ma c'è un altro punto dove rifornirsi al limitare della foresta che si trova sopra il rifugio oppure a poca distanza presso una vasca di abbeverata per i bovini al pascolo (N 43°54'45.8" E 11°42'16.3").


Il cuore del Sassello è il suo caminetto: qui si cucinano la carne e la polenta, si arrostisce il pane, alla sua luce si trascorrono le serate ed il suo crepitare è l'unico suono che interrompe il silenzio assoluto che domina la notte.

All'interno del Rifugio c'è un quaderno dove tutti coloro che passano annotano impressioni e commenti; dalle date riportate si evince facilmente che il Sassello è tutt'altro che un luogo molto frequentato!

Il panorama è stupendo: la foresta di faggi ed altre latifoglie ricopre completamente le valli che si intersecano a formare un paesaggio maestoso ed incontaminato. Questa foresta millenaria è una delle foreste primarie più grandi d'Europa e si estende a cavallo tra la Romagna e la Toscana. Trascorrere un weekend al Sassello consente di astrarsi dalla frenetica vita quotidiana calandosi nel lento ritmo della natura e delle stagioni, avvistando animali selvatici e partecipando del costante mutare dei colori della foresta. Questo luogo trasmette una serenità incredibile, e non sorprende che in queste zone si trovino due centri della spiritualità medievale come l'Eremo di Camaldoli ed il Santurio della Verna.


Per raggiungerlo a piedi ci sono diverse possibilità. Si può lasciare l'auto al valico dei Tre Faggi, un passo ben segnalato a circa 45 minuti di macchina da Predappio e 30 minuti da Premilcuore lungo la strada che porta a Firenze.

Dal valico dei Tre Faggi partono due sentieri. Il primo, sulla sinistra, si inoltra all'interno della foresta ed è da percorrere per circa mezz'ora fino all'imbocco di una scorciatoia (N 43°55'38.0"; E 11°41'42.7") che scende a destra dritta per dritta ed attraversa alcuni pascoli. La scorciatoia termina vicino ad una stalla e su una strada carrabile da prendere verso sinistra (a destra si torna ai Tre Faggi) e che porta fino al Sassello. Questa via è consigliata per l'andata, dato che è più breve ed il tratto ripido attraverso i pascoli è in discesa.

La seconda possibilità è quella di imboccare al parcheggio la strada carrabile sulla destra e percorrerla per circa 20-25 minuti fino ad incontrare, sulla sinistra, un'altra strada carrabile chiusa da una sbarra di metallo. Questa strada porta direttamente al Sassello ed è la stessa su cui termina la scorciatoia attraverso i pascoli. Questa seconda opzione è più lunga ma affronta dislivelli più graduali, per cui è consigliata per il ritorno. Si può considerare un tempo di percorrenza medio di circa due ore.


Per ulteriori informazioni:

http://www.parcoforestecasentinesi.it/

http://www.sentierinatura-forestecasentinesi.it


M.L.