sabato 29 agosto 2009

Chamaleon Safari

Quando capii in che parte dell'Africa ero capitato a trascorrere i miei due anni di servizio, c'era un aspetto che non mi andava proprio giù. L'immaginazione aveva solidamente costruito un paesaggio fatto di acacie, grandi mammiferi africani, caldo e frutta tropicale. La natura esercita in me un fascino irresistibile, e quella che ero andato a cercare aveva dei contorni ben definiti.
Risultato: mi trovavo a 2000 metri di altezza, il clima era terribilmente freddo, l'albero più diffuso era il pino canadese e mangiavo pesche e pere. Ma soprattutto di fauna africana non ce n'era nemmeno l'ombra. Se non ci fossero state le capanne e la terra rossa il resto del paesaggio sarebbe stato assolutamente identico a quello dell'appennino tosco-romagnolo.
In un paio d'ore d'auto si scendeva di quota e la natura corrispondeva effettivamente a quella che avevo immaginato, ma non era lì che abitavo.
Chiaramente questo disappunto non poteva in alcun modo minare l'esperienza che avevo il privilegio di vivere, però una puntina di amarognolo rimaneva nel profondo.
Questo finché non capitò nel villaggio un erpetologo di Harvard, il quale ci chiese ospitalità per il tempo necessario a svolgere le sue ricerche.
Costui si chiamava Luke Mahler (http://www.oeb.harvard.edu/faculty/losos/mahler/) ed il suo arrivo fu accompagnato da un profondo sentimento di curiosità: cosa poteva cercare un naturalista americano in un luogo come questo? Fu lui a darci la risposta: camaleonti.

Molto timidamente gli facemmo notare che in sei mesi di permanenza non ne avevamo visto nemmeno uno. Ma lui ci rispose che non sapevamo cercarli, e che quella notte stessa ce li avrebbe mostrati. Di notte?!?
Luke era pratico di quel tipo di ricerche e andò immediatamente a presentarsi al capo villaggio per spiegare il motivo della sua presenza e per chiedere il permesso di aggirarsi di notte a raccogliere camaleonti. I permessi furono concessi, e non appena si sparse la notizia che un mzungu (bianco) cercava vinyonga (camaleonti), iniziò un'ininterrotta processione a casa nostra da parte di persone intenzionate a vendere i camaleonti che avevano catturato per l'occasione. Fra queste persone c'erano anche alcuni nostri dipendenti.
Noi rimanemmo sbalorditi per due motivi: il primo era che il giorno prima non sapevamo neanche che questi animali fossero presenti in così gran numero nei dintorni di casa, il secondo era che il camaleonte è un animale porta-sfortuna per la cultura locale, e la gente ne è del tutto terrorizzata. Ma pochi spiccioli si erano dimostrati più potenti delle ataviche credenze…



La notte, come anticipato, uscimmo con Luke alla ricerca di camaleonti. Fu nel corso di quella camminata notturna (a cui ne seguirono numerose altre) che Luke ci spiegò che il nostro villaggio sorgeva in una delle aree naturalisticamente più interessanti dell'Africa intera. Non c'erano leoni ed elefanti, ma quelli non sono animali rari per l'Africa. Invece in quella zona, proprio per le sue caratteristiche di isolamento ecologico e climatico rispetto alle aree circostanti, si erano evolute molte specie del tutto singolari e uniche, soprattutto all'interno delle classi dei rettili e degli anfibi. In particolare, era una delle poche zone dove si potevano trovare contemporaneamente tre rare specie di camaleonti poco descritte dal mondo scientifico, ovvero il Chamaeleo werneri, il Chamaeleo tempeli ed il Chamaeleo goetzi.
Il miglior modo per scovare i camaleonti, virtualmente invisibili di giorno, era quello di cercarli di notte alla luce delle torce elettriche. Magicamente la boscaglia si popolava di sagome bianche appese ai fusti delle piante ed ai rami degli alberi. Si potevano riconoscere forme adulte e forme giovanili, maschi e femmine.
Il "Safari dei Camaleonti" divenne la principale attrazione turistica da sottoporre ai visitatori del nostro progetto, e nel corso delle numerose uscite notturne avevamo imparato che il loro numero variava in funzione della stagione e che le tre specie vivevano in habitat completamente diversi: il Goetz si poteva trovare aggrappato verticalmente alle canne ed alle piante erbacee che crescevano nell'acqua di stagni e paludi, il Tempel amava dormire sulla punta dei rami dei pini, mentre il "cornuto" Werner si nascondeva nel folto degli alberi ed era quello più difficile da trovare.
Provammo anche ad allevarne uno in cattività, il che ci costrinse a catturare per lui insetti vivi e a studiare le disposizioni migliori per favorire la sua biologia. Questo camaleonte, forse reo di non rappresentare alcun interesse economico, riaccese tutte le superstizioni sopite e dovevamo stare molto attenti a non mettere il suo terrario improvvisato nelle vicinanze della cuoca, che altrimenti si rifiutava di lavorare. Il povero Brian però ci lasciò durante una notte tempestosa, quando dimenticammo la bacinella che lo accoglieva sotto al diluvio ed alle intemperie. Sei stato un buon compagno Brian.

M.L.

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