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La nostra spedizione, composta da speleologi forlivesi e romani, si è concentrata in un'area della Tanzania sud-occidentale poco esplorata da un punto di vista speleologico. Lo spunto per questo viaggio è nato dopo una visita casuale ad una grotta generalmente conosciuta come "Pango la Popo" (la grotta dei pipistrelli) in cui una piccola agenzia turistica di Mbeya accompagna i visitatori. In realtà i turisti vengono condotti solamente nel grande salone centrale, perché proseguire sarebbe molto pericoloso. Infatti nel salone centrale si aprono 9 pozzi e parte un condotto orizzontale che scavalca un paio di pozzi e prosegue poi nel buio.
Per amanti degli sviluppi verticali come noi la grotta è apparsa molto promettente. La domanda che subito si è imposta nei nostri pensieri è stata la seguente: "Possibile che nemmeno uno dei nove pozzi prosegua?". Queste sono state le premesse che ci hanno indotto a proporre agli amici speleologi una spedizione esplorativa della grotta.
La preparazione al viaggio ed all'esplorazione ha comportato una lunga serie di preparativi: organizzazione del trasporto del materiale, ricerca bibliografica e raccolta mappe, contatti con gli sponsor, studio dei rischi connessi alla presenza di gas e delle misure di sicurezza più idonee. Particolare cura è stata posta nello studio dei rischi sanitari legati all'istoplasmosi, malattia respiratoria presente in grotte situate nelle regioni tropicali e ricche di guano di pipistrelli, Ultimati i preparativi, la spedizione è ufficialmente partita per la Tanzania nel Novembre 2007.
L'esplorazione della grotta è stata comunque estremamente emozionante ed ha richiesto due dei quattro giorni a nostra disposizione. Nessuno dei pozzi era armato ed il nostro gruppo è stato senz'altro il primo ad esplorarli tutti. A noi va il merito di aver fatto chiarezza sullo sviluppo complessivo della grotta: infatti sul terreno si aprono diverse aperture oltre l'ingresso orizzontale di Pango la Popo, e nessuno sapeva dove portassero. Il nostro rilievo ha dimostrato che all'interno della grotta si aprono due camini e che le aperture quindi conducono e si collegano alla grotta stessa.
In particolare ricordiamo il camino che si apre sul salone centrale e che prosegue in un profondo pozzo . In totale sono 35 metri, la verticale più lunga della grotta.

Pango la Popo, come dice il nome stesso "grotta dei pipistrelli", è conosciuta da tempo anche per l'immensa colonia di chirotteri che l'abita. Molti ricercatori si sono recati e continuano a recarsi in questa grotta per studiare questi animali. Una guida locale ci ha riferito (episodio confermato d amici ricercatori) un avvenimento drammatico legato ad una di queste esplorazioni scientifiche. Come già riportato, questa grotta presenta un numero elevato i pozzi che la rendono, per i non esperti, estremamente pericolosa. Uno studioso di chirotteri si è recato in questo luogo per raggiungere la parte della grotta in cui vivono la maggior parte dei pipistrelli. Nel tentativo di scendere un pozzo impiegando una pertica improvvisata è caduto riportando gravissime fratture in tutto il corpo. Fortunatamente il ricercatore è sopravvissuto, grazie all'intervento dei tanzaniani che hanno improvvisato un'azione di soccorso speleologico calandosi nel pozzo per recuperarlo e trasportandolo quindi in ospedale.
Esperti della Wildlife Conservation Society hanno identificato oltre 12 differenti specie di pipistrelli che popolano questa grotta, fra le quali la più rappresentata è Hypposideros ruber.
La grande quantità di guano è alla base di un ecosistema complesso, che comprende un'ampia varietà di artropodi dalle dimensioni, forme e colori più disparati. Un lavoro di classificazione tassonomica a questo proposito è ancora in corso.
Inoltre il guano e' uno degli alimenti preferiti da parte delle mandrie di capre allevate nella zona, le quali ogni sera entrano nella grotta per cibarsi di questo alimento nutriente. Gli scheletri rinvenuti in fondo ai pozzi testimoniano che non tutte le capre riescono poi ad uscirne.
Le nostre misurazioni delle acque superficiali hanno mostrato temperature comprese tra i 50 e gli 80 gradi e che queste sorgenti sono in grado di innalzare la temperatura del fiume stesso, che per lunghi tratti è superiore ai 30°C.
Inoltre la mappatura di queste sorgenti ha permesso alla nostra geologa (Dorina Testi) di formulare ipotesi interessanti sulla genesi di questa grotta. Tutte le sorgenti si trovano presumibilmente lungo una discontinuità della crosta terrestre, spiegando così le acque termali. La presenza di questa discontinuità potrebbe anche essere all'origine di antiche fuoriuscite di gas che sarebbero le responsabili della formazione iniziale della grotta, la quale quindi potrebbe non essere solo il frutto dell'erosione dell'acqua.
L'episodio che ci ha assolutamente sbalorditi è stato il rinvenimento, nell'ultima parte del tratto orizzontale, di alcune pitture rupestri raffiguranti probabilmente scene di caccia. Un successivo studio attento di alcune fonti bibliografiche ha rivelato che queste pitture erano già state scoperte almeno in due altre occasioni, tuttavia se ne era persa traccia ed in nessuna guida o fonte di informazione sull'area di Mbeya è descritta la presenza di queste prove della vita preistorica. La datazione di questi disegni è al di fuori della nostra portata, ma alcuni articoli che descrivono la presenza dell'uomo preistorico nella valle del fiume Songwe e che quindi confermano l'autenticità di queste opere ci vengono in soccorso.
La bibliografia è concorde nell'affermare che a partire da 200.000 anni fa l'uomo era presente e conduceva migrazioni lungo tutta la Rift Valley. Studi di archeologi americani hanno evidenziato come nella valle del fiume Songwe siano stati rinvenuti utensili in pietra in ben 33 siti diversi collocabili nel Paleolitico Superiore, a partire quindi da 40.000 anni fa. E’ quindi ragionevole pensare che questi dipinti debbano inserirsi in questa epoca.
M. L.
Riferimenti Bibliografici:
* Middle and Later Stone Age Technology in Southern Tanzania http://www.arts.ualberta.ca/~pwilloug/research.htm
* KAISER V.T.M, SEIFFERT C. (1999) – Reste Urtü mlichen Guanoabbaus in Zentral Tansania, der Anschnitt 51.
* KAISER V.T.M, SEIFFERT C. (2000) – Die travertine am Songwe River ein tropisches karstgeblet in zentraltansania, die Höhle eft 3.
* SPURR AMM (1954) - The Songwe guano caves, Mbeya District. Geol. Surv. Tanganyika Records 1,1951:35-37
* SUNDQVIST, HANNA (2000) - Guano Cave, Songwe area, Tanzania. – A physical geographical description and analysis.
* TEALE, OATES (1935) - Limestone caves and hot springs of the Songwe river (Mbeya) area, with notes on the associates guano deposits. E.Afr.Uganda Nat. Hist. Soc. J. 3 / 4, 130-137.
* WILLOUGHBY, PAMELA R (1992) - An Archaeological Survey of the Songwe River valley, Lake Rukwa Basin, Southwestern Tanzania. Nyame Akuma, 7:28-35.
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