lunedì 1 marzo 2010

Incidenti di Percorso (2)

I fatti riportati si riferiscono al Gennaio 2008, quando Francesca ed io ci trasferimmo per due mesi in un altro villaggio (Ikondo), allo scopo di sopperire all'assenza temporanea di espatriati che gestissero le attività del progetto.

Infuriava in pieno la stagione delle piogge, e nonostante questo eravamo costretti, una volta alla settimana, a recarci in città (Njombe) per acquistare cibo e materiali, oltre che assolvere agli obblighi burocratici legati al nostro lavoro.

Le commissioni erano sempre numerose e spesso capitava di tornare verso il villaggio in piena notte e sotto la pioggia battente. Inoltre non rifiutavamo mai un passaggio a chi ce lo chiedeva, compatibilmente alla disponibilità di posti nell'auto. Non eravamo mai meno di 6-7 persone.

Quella sera oltre a noi erano a bordo l'autista e tre suoi familiari. Tra sgommate e derapate riuscimmo a farci largo nei punti più brutti della strada allagata e ridotta ad una striscia di melma. Era notte, e non vedevamo l'ora di arrivare per poter tirare un sospiro di sollievo.

A circa venti chilometri da Ikondo, presso il villaggio di Ukalawa, trovammo l'ostacolo. Un camion si era impantanato e l'autista aveva disteso tutto il carico di tè sulla strada. Le foglie di tè infatti, bagnate e pressate all'interno del camion, a quelle temperature avrebbero iniziato immediatamente a fermentare e tutto il carico sarebbe andato perduto.


Non c'era spazio per passare con l'auto e rischiare il fuoripista in quel punto sarebbe stato eccessivamente rischioso, dato che la strada si trovava schiacciata tra una parete ed un precipizio.

Fu immediatamente evidente che per la prima volta non saremmo riusciti raggiungere la nostra meta. Le condizioni imponevano dunque di trovare un posto dove dormire a Ukalawa, che era solo un minuscolo agglomerato di capanne. Ci recammo con l'autista presso il negozietto del villaggio, che fungeva anche da punto di ritrovo per la comunità locale. Chiedemmo se ad Ukalawa fosse esistito un posto dove poter pernottare, e la fortuna (se così si può chiamare) ci assistette. Un abitante del villaggio possedeva, di fianco alla propria capanna, una piccola costruzione con mattoni cotti e tetto in lamiera (extralusso insomma) con una camera a disposizione dei forestieri. L'autista gentilmente ci offrì questa opportunità, mentre lui e la sua famiglia avrebbero trascorso la notte in macchina.

Fummo condotti fino alla casetta, che si trovava poco distante incastonata in un boschetto di banani. La camera era grande esattamente quanto un letto ad una piazza. Il letto era costituito da un'impalcatura di legno senza materasso né coperte né cuscini. La porta non aveva serratura. Cenammo con del formaggio che avevamo acquistato la mattina in città. Dopo cena accendemmo il computer portatile e guardammo, in uno dei luoghi più remoti ed arretrati del pianeta, un episodio di Star Trek. Purtroppo il debole volume del portatile non riusciva a superare lo scroscio della pioggia sulle lamiere né coprire i passi dei topi che zampettavano allegramente sulla struttura del tetto. Tuttavia questo incredibile contrasto, possibile solo nel mondo attuale, ci restituì il buonumore.


M.L.

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