martedì 16 giugno 2020

Lo Spirito dell'Albero

Un tempo l’uomo comunicava con gli alberi e da quel dialogo tutta la vita sulla Terra traeva beneficio.
La tradizione mistica ebraica della Cabala rappresenta il ponte tra il paradiso e la Terra con un albero rovesciato. Tra le festività ebraiche esiste il Capodanno degli alberi. Uno dei fondamenti dello Stato di Israele è il piantare alberi.
Gli antichi testi indù (Upanishad) spingono alla venerazione del baniano (Ficus bengalensis) che, con le radici in cielo e la chioma sulla terra, è la manifestazione di Brahma nell’universo.
Al centro della religione zoroastriana ci sono due alberi: l’albero della vita, i cui frutti donano la vita eterna a chi se ne cibi, e l’albero taumaturgico, che dona guarigione e benessere.
Gli antichi egizi credevano che un grande sicomoro mettesse in contatto i mondi della vita e della morte, e che un grande albero formasse un arco sopra la Terra contenendo tutto il cielo.
Nella mitologia scandinava, il frassino Yggdrasil affonda le proprie radici sottoterra e i suoi rami sostengono la casa degli dei.
Gli antichi greci dedicavano l’alloro, l’ulivo, il mirto, l’edera ad Apollo, il cipresso ad Ade, la quercia a Zeus. Nella tradizione greca il ramo di ulivo è associato alla pace, la corona di alloro alla vittoria sportiva. L’accademia di Platone era situata in un bosco dedicato ad Atena, la dea della saggezza.
I romani associavano il mirto a Venere e Nettuno.
Le tribù germaniche veneravano la quercia e l’abete rosso.
Le tradizioni celtiche precristiane onoravano le foreste sacre.
La civiltà maya venerava il ceiba, chiamato yaxché, che consideravano l’albero della vita e il sostegno del cielo.

Gli shintoisti credono che la cura dei bonsai generi una disposizione d’animo religiosa.
Gli shona dello Zimbabwe ritengono che gli spiriti ancestrali vivano nel prugno mobola.
Gli yoruba dell’Africa occidentale attribuiscono all’iroko, al cotone, al sandalo ed al baobab la dimora di altrettante divinità.
Tra i kikuyu del Kenya, il passaggio allo stato di anziano, di custode della saggezza e protettore dello stile di vita della comunità, viene sancito in un rito attraverso la consegna di un ramo dell’albero di mugumu.
I tuareg dell’Africa settentrionale credono che la Maerua crassifolia sia la dimora degli spiriti.
Nel Corano gli alberi sono citati come un dono di Dio, così come tutta la Natura è espressione di Allah.
Il vecchio ed il nuovo testamento sono pieni di riferimenti agli alberi: un rametto di ulivo portato da una colomba è il simbolo della pace tra Dio e Noè. Giosuè onorava Jahvè sotto una quercia, Abramo piantò le tende all’interno di un bosco sacro a Sichem, Ebron e Bersabea per essere più vicino a Dio. Il profeta Ezechiele immagina Dio come una pianta che produce acqua dalle sue radici, Geremia ed Osea paragonano Israele ad un albero. Le foglie di palma vengono stese sul cammino di Gesù quando entra a Gerusalemme. Il cipresso, il mirto e l’ulivo simboleggiano alcuni aspetti della Vergine Maria. Gesù si ritira a pregare, la notte prima dell’arresto, tra gli ulivi del Getsemani. Nella Bibbia sono citate ben 21 specie di alberi.
Difficile comunicare con qualcuno che non si conosce: nella lingua degli indios waiwai dell’Amazzonia la parola “albero” non esiste perché essi chiamano ogni albero con il suo nome.
Le colonne dei templi greci, egiziani, romani e delle chiese cristiane, rappresentano i fusti degli alberi, e lo spazio all’interno del colonnato una fresca radura nella foresta.
I buddisti credono che Buddha sia nato sotto un sal (Shorea robusta), abbia sperimentato la prima volta lo stato di meditazione profonda sotto una melarosa, abbia ricevuto l’illuminazione sotto un baniano.
Questa convergenza tra così tante religioni e culture nell’attribuire un valore mistico agli alberi dimostra quanto sia innato e radicato il legame tra lo spirito dell’uomo e quello dell’albero. Inconsapevolmente l’uomo sa che dalla salute degli alberi e della natura dipende la propria. L’uomo moderno semplicemente ha dimenticato questo legame. Scrive Sebastiao Salgado “a forza di allontanarci dalla natura per via dell’urbanizzazione siamo diventati animali molto complicati e diventando estranei al pianeta, diventiamo estranei a noi stessi”. Quello che l’uomo dovrebbe fare per salvare sé stesso è ripristinare la connessione perduta. Poi il resto arriverà da sé, naturalmente.
Ho tratto alcune parti del testo dal libro “La Religione della Terra”, scritto dal premio nobel per la pace Wangari Maathai. La foto è stata scattata da Araquem Alcantara e ritrae un albero di Ceiba nell’Amazzonia brasiliana.

ML

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