domenica 14 agosto 2016

Memorie dal Genocidio

Le chiese di Nyamata e Ntarama e il Kigali Memorial Centre sono luoghi in cui viene custodita la memoria di un’apocalisse. Le dimensioni di ciò che le milizie Hutu perpetrarono ai danni di Tutsi e Hutu moderati non furono raggiunte nemmeno dalla terribile e organizzatissima macchina nazista.
La visita di questi luoghi sconvolge nonostante sia noto ciò che avvenne nei numeri e nei tempi. Ciò che invece non viene sufficientemente evidenziato sono i fatti che precedettero la carneficina e soprattutto quelli che seguirono e che provocarono un numero di morti immensamente superiore. Ampliando l’analisi alle cause e alle conseguenze emerge come gli europei abbiano sulla coscienza la vita di milioni di persone e le mani grondanti il loro sangue.
Durante il periodo coloniale belga, la popolazione del Rwanda fu divisa nei suoi principali gruppi etnici: Tutsi, Hutu e Twa (il popolo pigmeo). La carta d’identità di ogni cittadino ruandese, a partire dal 1930,  recava in bella vista la sua appartenenza etnica. I belgi inoltre puntarono solamente sulla minoranza Tutsi per ricoprire gli incarichi di potere e di responsabilità. La chiesa cattolica ebbe la sua dose di responsabilità sposando l'ideologia camitica secondo la quale i poli provenienti dal bacino del Nilo, come probabilmente i Tutsi sono, erano superiori per intelligenza e capacità ai popoli negroidi. Tutto questo contribuì ad
alimentare il malcontento fra gli Hutu che esplose nel 1959, con la rivoluzione ruandese, la fine del periodo coloniale belga, la fuga di centinaia di migliaia di Tutsi nel sud dell’Uganda e in Congo, l’ascesa al potere degli Hutu. Questi fatti furono essenziali per tutto ciò che avvenne dopo.
Nel sud dell’Uganda tra i rifugiati Tutsi si formò un vero e proprio esercito (il Fronte Patriottico Ruandese, FPR), che venne addestrato dai rivoluzionari ugandesi di Museveni. Tale esercito fu essenziale per rovesciare il regime del dittatore Milton Obote e condurre al potere Museveni. Ora l’Uganda aveva un grosso debito nei confronti dell’FPR e dei Tutsi.
A partire dal colpo di stato del 1973 e dall'avvento di Habyarimana la Francia diventò l’alleato estero prediletto del Rwanda. Commerciava in armi, si facevano affari d’oro e il Rwanda diventò di fatto un paese francofono.

L’Uganda appoggiò l’FPR nelle sue mire di rivalsa nei confronti del governo ruandese a maggioranza Hutu. Nei primi anni ’90 l’FPR iniziò di fatto l’invasione del Rwanda da nord, dal confine ugandese appunto. Questo generò uno psicodramma negli Hutu estremisti che cominciarono a progettare la soluzione finale. Già a partire dal 1990 ci furono le prove generali del genocidio, con lo sterminio di molte centinaia di Tutsi. Fuori dalla chiesa di Nyamata è sepolta una suora italiana, Suor Tonia Locatelli, uccisa dal governo ruandese perché stava denunciando a livello internazionale quanto stava accadendo nel totale silenzio dei media. La decisione del presidente Habyarimana di iniziare i negoziati con l’FPR per arrivare alla pace fu la ragione che condusse gli estremisti a far precipitare il suo aereo. Il 6 aprile 1994, il giorno dell’attentato, iniziò il genocidio. Si parla di un milione di morti in 100 giorni. Il lavoro dei macellai fu favorito dalla tendenza dei Tutsi ad ammassarsi in chiese a scuole. Perché lo facevano? Perché nei precedenti episodi di violenza, nel ’59 e nel ’92 le milizie non avevano osato profanare i luoghi di culto. Questa volta nulla poté fermare la loro ferocia. Nella chiesa di Ntamara furono trucidate in un sol giorno (l'11 aprile)  5.000 persone. Solo a 260 di loro è stato possibile restituire un'identità. Un lungo muro bianco testimonia i tanti morti senza
nome. Nella chiesa di Nyamata furono uccise il 15 aprile 10.000 persone. Nella fossa comune fuori dalla chiesa sono stati accumulati 45.000 corpi.

Al magnifico Memoriale del Genocidio di Kigali sono addirittura 250.000 i corpi sepolti. Durante il genocidio i paesi del nord del mondo non alzarono un dito, se non per evacuare i loro compatrioti.
Soltanto la penetrazione nel territorio ruandese dell’FPR fu in grado di interrompere l’apocalisse. La controffensiva dell’FPR causò l’inizio della fuga dei genocidaires. La Francia, con l’infame “Opération Tourquoise”, protesse l’esodo delle milizie Interahamwe (i macellai) verso il Congo. Fin dall’inizio, anzi, probabilmente ne facilitò il lavoro. Alla luce dei fatti il genocidio fu una guerra fra il mondo anglofono rappresentato dall’Uganda e dall’FPR e il mondo francofono, rappresentato da Francia e Hutu. La Francia non voleva mollare un suo stato satellite. Ancora oggi sono evidenti gli esiti sulla cultura locale di ciò che accadde. I ruandesi anziani parlano francese. Quelli di mezza età parlano sia inglese che francese. I giovani parlano solo inglese. Oltre al Kinyarwanda, ovviamente.
Il leader dell’FPR, che oggi è il presidente del Rwanda, era Kagame. Il Sig. Kagame ha un curriculum di tutto rispetto. Ha partecipato alla rivoluzione ugandese (vincendola), ha fermato il genocidio e scacciato le milizie Hutu, sarà la chiave della prima guerra del Congo (che vincerà).
Il nuovo governo ruandese non voleva lasciare conti in sospeso. Nel 1998 tremende stragi sono state organizzate nel nord del Rwanda ai danni degli Hutu.
L’esodo degli Hutu e fra loro di molti genocidaires in Congo, spostò l’asse del risentimento e el rancore in questo paese. Il Rwanda di Kagame, divenuto uno stato governato dai Tutsi, si alleò con i Tutsi congolesi (quelli che erano fuggiti nel ’59) e con Laurent-Désiré Kabila: i primi volevano farla pagare agli Hutu (a tutti gli Hutu, anche a quelli innocenti), il secondo voleva conquistare il Congo eliminando il dittatore Mobutu. Entrambi riuscirono nella loro impresa, al prezzo di altri milioni di morti.
Pochi mesi dopo tutte le carte si rimescolarono ed ebbe inizio uno dei conflitti più sanguinosi della storia. La seconda guerra del Congo o prima guerra mondiale africana. Le alleanze tra il Congo di Kabila, il Rwanda di Kagame e l’Uganda di Museveni si spezzarono. Intervennero altri attori come l’Angola e il Burundi. Fiorirono milizie dalle sigle più disparate, alcune con una chiara identità etnica, altre xenofobe e nazionaliste, ma tutte guidate dal desiderio di accaparrare una fetta delle immense risorse minerarie del Congo. Diversi stati occidentali finanziarono attivamente queste milizie, per favorire l’ingresso e la protezione delle loro compagnie internazionali. Morirono per le conseguenze dirette ed indirette di questa guerra circa cinque milioni di persone.
Una serie di massacri inimmaginabili scossero l’Africa Centrale dal 1959 al 2002. E il genocidio ruandese fu una sola, per quanto terribile, tessera di questo mosaico più complessivo.
M.L.

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