lunedì 3 settembre 2018

La scuola di fango

Dopo un picnic tra i pulcini a casa di Naina permetto all'aria calda di asciugarmi la fronte, ma solo per qualche secondo: è già ora di ripartire. È un villaggio in cui il rosso diventa marrone e il tetto di paglia delle case sembra ritagliato e incollato su un cielo azzurro e bianco. Le nuvole sono dipinte con un pennello grande sporcato di bianco; un pennello più sottile accarezza i contorni con linee veloci. Gli abitanti sono come statue nel meriggio montaliano, illuminate dalla mistica luce di un temporale in arrivo.

I bambini non sono come quelli di Tsiro: sono nascosti dietro gonne di mamma, gli occhi non
sono imbarazzati ma impauriti. Alla mia sinistra un neonato sta cigolando a ritmo di singhiozzi da quando siamo arrivati. Siamo qui per assistere alla realizzazione dell'olio di arachidi: menaka gasy. La legna alla mia sinistra diventa fumo, presumo per cuocere le briciole che profumano di autunno dentro al grande sacco alla mia destra; io sorrido ai bambini. Quando ricevo qualche timido accenno in risposta, proseguo con giochi di battiti di mano e di nomi da ricordare: è appagante vedere l'incurvatura delle labbra sbocciare in una risata e sentirsi in parte responsabile.
Una trentina di persone vestite di colori e terra ci circonda, ma i miei occhi sono per il fuoco che profuma di cinema e colazione: come è possibile che anche qui, ora, io mi senta quasi a casa?

Mentre torniamo a Tsiro il pennello grande copre il bianco con il grigio, l'azzurro con il blu scuro: gocce preziose scivolano sulle spighe di grano dorato e quando per errore si adagiano sul mio finestrino, le seguo con lo sguardo, fino a perderle di vista.
Facciamo
tappa alla scuola fondata in onore di Maria Luperini, firmata dall'inconfondibile trama bianca e blu. È affiancata da una piccola capanna di fango e legno: "questa è la mensa" illustra Marie-Jeanne. "Prima che iniziassimo a lavorare alla scuola in Tanzania, tutta la scuola era esattamente come è la mensa qui" aggiunge Roberto. La porta della prima aula è socchiusa: la stanza è gialla come la mia camera, non ci sono banchi. Noto un armadio spalancato da cui escono cinematograficamente frammenti di carta di giornale. Naina cerca di attirare la mia attenzione verso la grande lavagna satura di scritte ed eterogenea di calligrafie. Indica qualche grande lettera al centro : "E' giusto?"
Mi avvicino: "Buongiorno Anna e Roberto". "Perfetto Naina!". È soddisfatto.
"Abbiamo una sorpresa per voi!" Dicono Marie-Jeanne e Naina, una volta al riparo dal vento nell'ormai accogliente fuoristrada.
Siamo in salotto: poster colorati di frutta e animali sono appesi alle pareti e mi suggeriscono la spensieratezza delle scuole elementari. A casa di Naina ci sono due piccole stanze e mezzo, un gatto rosso e una Fender.
Naina mi porge la chitarra, l'odore di legno, il manico liscio, le corde appuntite: è così familiare. La grande cassa alle mie spalle distorce e amplifica la musica che esce dalle mie dita: i bambini in strada si affacciano all'ingresso velato da una tenda bianca, curiosi.

Dopo un picnic tra i pulcini a casa di Naina permetto all'aria calda di asciugarmi la fronte, ma solo per qualche secondo: è già ora di ripartire. È un villaggio in cui il rosso diventa marrone e il tetto di paglia delle case sembra ritagliato e incollato su un cielo azzurro e bianco. Le nuvole sono dipinte con un pennello grande sporcato di bianco; un pennello più sottile accarezza i contorni con linee veloci. Gli abitanti sono come statue nel meriggio montaliano, illuminate dalla mistica luce di un temporale in arrivo.
I bambini non sono come quelli di Tsiro: sono nascosti dietro gonne di mamma, gli occhi non sono imbarazzati ma impauriti. Alla mia sinistra un neonato sta cigolando a ritmo di singhiozzi da quando siamo arrivati. Siamo qui per assistere alla realizzazione dell'olio di arachidi: menaka gasy. La legna alla mia sinistra diventa fumo, presumo per cuocere le briciole che profumano di autunno dentro al grande sacco alla mia destra; io sorrido ai bambini. Quando ricevo qualche timido accenno in risposta, proseguo con giochi di battiti di mano e di nomi da ricordare: è appagante vedere l'incurvatura delle labbra sbocciare in una risata e sentirsi in parte responsabile.
Una trentina di persone vestite di colori e terra ci circonda, ma i miei occhi sono per il fuoco che profuma di cinema e colazione: come è possibile che anche qui, ora, io mi senta quasi a casa?
Mentre torniamo a Tsiro il pennello grande copre il bianco con il grigio, l'azzurro con il blu scuro: gocce preziose scivolano sulle spighe di grano dorato e quando per errore si adagiano sul mio finestrino, le seguo con lo sguardo, fino a perderle di vista.
Facciamo
tappa alla scuola fondata in onore di Maria Luperini, firmata dall'inconfondibile trama bianca e blu. È affiancata da una piccola capanna di fango e legno: "questa è la mensa" illustra Marie-Jeanne. "Prima che iniziassimo a lavorare alla scuola in Tanzania, tutta la scuola era esattamente come è la mensa qui" aggiunge Roberto. La porta della prima aula è socchiusa: la stanza è gialla come la mia camera, non ci sono banchi. Noto un armadio spalancato da cui escono cinematograficamente frammenti di carta di giornale. Naina cerca di attirare la mia attenzione verso la grande lavagna satura di scritte ed eterogenea di calligrafie. Indica qualche grande lettera al centro : "E' giusto?"
Mi avvicino: "Buongiorno Anna e Roberto". "Perfetto Naina!". È soddisfatto.
"Abbiamo una sorpresa per voi!" Dicono Marie-Jeanne e Naina, una volta al riparo dal vento nell'ormai accogliente fuoristrada.
Siamo in salotto: poster colorati di frutta e animali sono appesi alle pareti e mi suggeriscono la spensieratezza delle scuole elementari. A casa di Naina ci sono due piccole stanze e mezzo, un gatto rosso e una Fender.
Naina mi porge la chitarra, l'odore di legno, il manico liscio, le corde appuntite: è così familiare. La grande cassa alle mie spalle distorce e amplifica la musica che esce dalle mie dita: i bambini in strada si affacciano all'ingresso velato da una tenda bianca, curiosi.

1 commento:

Unknown ha detto...

Anna...tu non ci hai visto....eravamo lì con te. Elio e Mira.