sabato 9 febbraio 2013

La Scalata del Kilimangiaro

GIORNO 1: La via parte dal cancello di Marangu (1860 m slm) dove vengono espletate le formalità per l’accesso al Parco Nazionale del Kilimangiaro e vengono distribuiti i carichi tra i portatori. La camminata del primo giorno si svolge all’interno di una fitta foresta pluviale piena di vita e contraddistinta da un elevato tasso di umidità. Si tratta di un ambiente incantevole e rigoglioso, attraversato da torrenti che gorgogliano e bordato di alberi giganteschi ricurvi e coperti da muschio pendente. Alberi altissimi si alternano a piante più basse e ad arbusti e cespugli in un intreccio di liane e rampicanti. Tra le specie più comuni si trovano il Podocarpus milanjanus, la Nuxia congesta, l’Agauria salicifolia, il Rubus volkensi. Lungo la strada è possibile avvistare primati e roditori che scompaiono tra gli alberi al passaggio dei turisti. La tappa si conclude al rifugio Mandara (2720 m slm), dopo un cammino di circa 3-4 ore. Accanto al vecchio rifugio in muratura sono state costruite diverse capanne in legno, sopraelevate rispetto al terreno. Ogni edificio è composto di due camerette con quattro cuccette ciascuna. Nella costruzione centrale si trovano la sala da pranzo ed un altro dormitorio. All’arrivo è possibile esercitarsi in una passeggiata di circa 15 minuti verso il cratere Maundi. Queste passeggiate sono sempre utili perché consentono di acclimatarsi meglio.
GIORNO 2: La prima parte di questa tappa coincide con l’ultima parte della foresta pluviale, rigogliosa di alberi densamente ricoperti di piante epifite e di un ricco sottobosco di felci. Dopo poche decine di metri si emerge dalla foresta tropicale
e salendo di altitudine si cambiano di fatto clima ed ecosistema, che ora diviene una brughiera di piante sparse. Con l’inizio dei prati di erica si possono avvistare le due cime del Kilimangiaro, Kibo e Mawenzi. I sovrani del popolo Chagga, l’etnia che abita le pendici del Kilimangiaro, sostiene che il vecchio vulcano spento Mawenzi faccia sentire la sua voce ogni volta che uno dei sovrani Chagga muore. Le eriche iniziano a prevalere nella vegetazione a partire dai 3500 m, e pian piano iniziano a comparire e le caratteristiche piante di senecio e di lobelia gigante. Il cammino, piacevole e spettacolare, termina al rifugio Horombo (3780 m slm) situato in una valle rocciosa e composto da alloggi simili a quelli del Mandara. Questa tappa richiede 5-6 ore.

GIORNO 3: Arrivati a questo punto è possibile iniziare ad avvertire gli effetti dell’altitudine, per cui questa giornata viene dedicata al riposo e all’acclimatamento. Il paesaggio è incantevole ed è consigliabile dedicarsi ad una passeggiata di un paio d’ore fino ai 4.200 m slm del Zebra Rock per compensare meglio la progressiva mancanza di ossigeno. La posizione delle capanne del rifugio Horombo è spettacolare: strutture ad “A” disposte su una terrazza di lava nera che domina un mare sconfinato di nuvole. Al tramonto l’aria si colora di rosa e di viola. Questa è la giornata per godere di tutte queste meraviglie.
GIORNO 4: Questa tappa è lunga e faticosa perché gli effetti dell’altitudine si fanno sentire soprattutto in coloro che non si sono ben acclimatati alla rarefazione dell’ossigeno. A circa metà del percorso si raggiunge la sella rocciosa che congiunge le due vette del Kilimangiaro (“the saddle”). A 4100 m si trova l’ultima sorgente fino alla vetta, per cui è obbligatorio fare una sosta per fare rifornimento. Il paesaggio diviene decisamente alpino e sub desertico, dal momento che a queste altitudini cadono appena 250 mm di pioggia all’anno. La luce del sole e i raggi ultravioletti crescono di intensità con la salita. Sul suolo rossastro spiccano cuscinetti di Helichrysum e Senecio e il paesaggio diviene lunare, disseminato di pietre e massi imponenti. La sella che unisce il cono innevato di Kibo e l’antica vetta di Mawenzi è spazzata da forti venti e la temperatura scende costantemente sotto zero: questi luoghi cominciano a dimostrarsi ostili alla presenza dell’uomo. La tappa si conclude al rifugio Kibo (4703 m slm) dopo 6-7 ore di cammino, dove verranno spese poche ore di sonno a causa dell’altitudine e della partenza notturna del giorno successivo.
GIORNO 5: Tra mezzanotte e l’una di notte si compie una levataccia allo scopo raggiungere la vetta prima dell’alba. Questa è la tappa più difficile di tutta la scalata a causa del freddo intenso e dell’altitudine. La tappa si svolge lungo un ghiaione che ostacola e rende difficile la progressione. Dopo circa 5 ore di marcia si giunge alla Sella Johannes, dove solitamente le nebbie si diradano e il Kilimangiaro offre una splendida vista della sua sommità. Il Gillmann’s point, a 5681 m slm rappresenta il punto di arrivo della maggior parte dei escursionisti. Il freddo e la mancanza di ossigeno spesso piegano le più ferree volontà e pochi proseguono per i 90 minuti che li separano dalla vera vetta del Kilimangiaro, il Picco Uhuru (5895 m slm) situato sul bordo del cratere. L’alba sul mare di nubi è uno spettacolo indimenticabile, ma il fisico spossato e la testa martellante impongono una frettolosa discesa fino al rifugio Kibo che richiede circa un’ora e mezza. Dopo un breve riposo si inizia la discesa che porta prima di sera a raggiungere il rifugio Horombo.

GIORNO 6: E’ il giorno della discesa finale, che porta al rifugio Mandara per ora di pranzo e successivamente al cancello di Marangu, per l’uscita e verso l’epilogo dell’avventura che invariabilmente termina con un bagno bollente in un hotel di Moshi.

Per info e preventivi relativi alla scalata del Kilimangiaro scrivere a responsible.tz@gmail.com o visitare il sito www.t-erre.org .




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